Tesi di Pontedecimo
Introduzione (1951)
I Gruppi Anarchici d'Azione Proletaria sono la giovane organizzazione di un vecchio movimento; sono il volto dell'anarchismo nella seconda metà del secolo ventesimo.
Storicità e novità sono i loro caratteri; storicità poiché essi sono sorti non per accidente o per arbitrio ma sulla base di una tradizione storica reale che doveva per il suo stesso sviluppo assumere questa specifica forma politica; novità non solo perché nella storia dell'anarchismo mai si produsse un simile tentativo ma anche perché mai come questa volta, il distacco da un recente passato di decadenza e di esaurimento fu cosi netto, critico, reattivo.
Ma qui non vogliamo fare la storia della nostra organizzazione che di storia ha più da farne che da raccontarne.
Vogliamo solo ricordare che i documenti qui presentati confermano questi caratteri in quanto si ricollegano ad un lungo travaglio teorico e al tempo stesso danno una impostazione nuova, aggiornata, moderna al problema in esame.
La tesi sulla liquidazione dello stato come apparato di classe fu presentata allo stato di progetto ed assieme ai sommari delle relazioni, ai primi del 1951, dal gruppo anarchico d'iniziativa "per un movimento orientato e federato" (cfr. L'IMPULSO, Gennaio-Febbraio 1951) dopo essere stata elaborata da un nucleo ristretto (il comitato di lavoro politico-culturale, costituito alla riunione di Firenze dell'agosto 1950), nonché discussa ed emendata in una cerchia più larga di militanti.
Fu in occasione della conferenza costitutiva dei GAAP (Genova 24-25 febbraio 1951), convocata dallo stesso gruppo d'iniziativa, che la tesi venne definitivamente approvata e quindi pubblicata (cfr. L'IMPULSO, Marzo 1951).
Delle relazioni illustrative, che tuttavia costituiscono una parte integrante delle tesi, venne pubblicata solo la seconda, quella sull'enunciato (cfr. L'IMPULSO, Aprile, Maggio-Giugno, Luglio-Agosto 1951). La prima relazione, quella sul preambolo, viene pubblicata ora per la prima volta.
Per mostrare il valore che ebbe e che continua ad avere questa tesi nella vita della nostra organizzazione, riproduciamo un brano dell'editoriale apparso sul nostro bollettino (cfr. L'IMPULSO, Gennaio-Febbraio 1951) nel quale veniva a suo tempo impostata la discussione sulla tesi, alla vigilia della nostra prima conferenza nazionale:
"Il comma n. 2 rappresenta una ragione vitale della conferenza. Si tratta di definire l'indirizzo programmatico del nostro movimento, si tratta di superare nel movimento anarchico uno stadio di confusione e di incertezza contraddistinto non solo dalla mancanza di un programma, ma dalla incapacità ad elaborare qualsiasi programma.
Il nostro compito non è stato troppo semplice nel predisporre questa parte dei nostri lavori.
Si doveva in primo luogo differenziare le nostre posizioni dall'amorfismo pregiudiziale di alcuni, da quell'amorfismo che è una forma di ignavia intellettuale e della tendenza al minimo sforzo; si doveva poi vincere il conservatorismo ideologico di altri, un conservatorismo impervio ad ogni riesame critico e chiuso ad ogni lezione dell'esperienza: una mistica.
Ed infine si doveva affermare positivamente quello che noi eravamo, quello che noi volevamo.
I primi passi furono compiuti rapidamente e senza fatica: non era difficile dimostrare come l'antiprogrammismo 'fosse una nota caratteristica tanto dei movimenti reazionari (come il fascismo, come il qualunquismo) quanto di tutti i gruppi opportunisti in seno al movimento operalo (gli stalinisti, ad esempio, preferiscono ad un preciso programma di partito una generica letteratura perché è la mancanza di una piattaforma programmatica che consente loro ogni sorta di capriole tattico-opportuniste); e non era difficile spostare in avanti atteggiamenti di pensiero tradizionalmente statici, sui quali però da tempo l'esperienza esercitava una pressione crescente.
Questa azione preliminare, fiancheggiata da alcune tesi polemiche (in rapporto a versioni improprie dell'anarchismo) e da altre tesi interpretative (in rapporto alla storia più recente della classe lavoratrice) e sostenuta da una corrispondente attività culturale, ha valso a spianare il terreno all'impostazione programmatica.
Ma a questo punto c'era in agguato un pericolo: quello di compilare un programmone, simile ai manifesti di certi movimenti velleitari che compensano la loro deficienza di idee con abbondanza di progetti e di promesse, un programma atto a comprendere tutto lo scibile, a campare in aria tutte le ipotesi, a comporre tutte le difficoltà.
Ci sembra di aver evitato questo pericolo, il pericolo di ricadere nell'utopismo programmatico, che è un modo come un altro di sfuggire i veri problemi. Infatti le dichiarazioni di principi, lanciate ai convegni di Frascati e di Pontedecimo, non erano, come già allora avvertimmo, delle carte programmatiche definitive, intese a chiudere la questione del programma, ma erano piuttosto dei documenti che aprivano questa questione impostandola polemicamente attorno ad una serie di punti già abbastanza indicativi per precisare il nostro orientamento.
Perché il programma di un'organizzazione rivoluzionaria non può esaurirsi in una tavola della legge; no, esso è un continuo farsi, un divenire, un camminare di tappe, una dietro l'altra.
Per questa ragione, per cominciare il nostro cammino noi tutti ci siamo domandati quale fosse il problema che nel tempo stesso rappresentasse una ragione di vita, di presenza, di autonomia per il movimento anarchico e costituisce la più importante e la più urgente questione oggi incombente alla classe lavoratrice e a tutti i suoi gruppi d'avanguardia. Ed abbiamo risposto che questo problema era quello dello Stato, quello del rapporti tra Stato e rivoluzione, quello della liquidazione rivoluzionarla dello Stato come apparato. ""Ed abbiamo ancora detto: da qui, dalla risoluzione di questo problema vivo, deve cominciare la nostra ricerca. Il problema dello Stato e della sua fine non scioglie certo tutto il groviglio dei problemi rivoluzionari, ma è sicuramente un capo dal quale si può imprendere a districare questo groviglio.
Un criterio politico, non dottrinario, ci ha spinto a dare la precedenza a questa questione, anche perché tutti noi eravamo già orientati sui principi generali in una stessa direzione (e verrà pure il momento in cui daremo sistematica formulazione a questi principi generali).
Da questa esigenza è sorta una tesi programmatica che ha un numero ed un nome: tesi n. 1 "Sulla liquidazione dello Stato come apparato di classe".
La tesi che consta di un preambolo in tre punti e di un enunciato in cinque punti, viene presentata dal comitato di lavoro politico culturale costituito alla riunione di Firenze e sarà illustrato in sede di conferenza da due compagni del comitato con due relazioni che fanno parte integrante della tesi.
Quindi la tesi sarà discussa, eventualmente emendata, e passata all'approvazione dei compagni.
Approvata, essa costituirà, al di là della generica istanza di un movimento orientato e federato che ci ha dato l'appuntamento a Genova, il primo getto di cemento teorico sull'armatura della nostra organizzazione.
Approvata, essa rappresenterà, insieme agli orientamenti che ci pervengono dalla tradizione anarchica cui ci riallacciamo, la condizione prima del nostro lavoro associato: per cui noi, che non obblighiamo nessuno a entrare nella nostra organizzazione, esigiamo da chi ne viene volontariamente a far parte l'accettazione consapevole dei principi dichiarati ed una condotta politica ad essi coerente.
Ma al tempo stesso la nostra organizzazione dà a tutti i suoi membri la facoltà ed il diritto di partecipare alla elaborazione di tesi successive, in riferimento ai tanti problemi che la realtà ci solleverà attorno.
Né si pensi che l'ulteriore differenziarsi che il programmare comporta, finisca per restringere la nostra base organizzativa: esso in primo luogo la rafforzerà ed in secondo luogo prima o poi la estenderà perché solo attraverso l'approfondimento ideologico altri orizzonti vengono aperti, nuove realtà, che prima ci sfuggivano, vengono decifrate.
Anzi possiamo dire che un programma storicamente valido, presuppone necessariamente un'organizzazione, così come ogni organizzazione efficiente non può prescindere da un programma, non solo in rapporto alla sua condotta esterna, ma anche in rapporto alla sua interna struttura.