Liberalizzazione
"La riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita" - così recita il titolo - risulta divisa in 3 parti: tipologie contrattuali (precarietà), ammortizzatori sociali, disciplina sulla flessibilità in uscita art.18. L'unicità del provvedimento raggiunge come risultato la liberalizzazione del mercato del lavoro attraverso un doppio passaggio di intervento, diretto, con soppressione e modifiche a leggi esistenti sommato alla soppressione e modifiche di diritti e tutele inerenti al diritto del lavoro e di derivazione contrattuale.
Precarietà
Viene confermato l'impianto legislativo, tutto legge 30 e successivi peggioramenti, il lavoro a termine e interinale sono liberalizzati.
Esempi non esaustivi: il decreto promulgato il 24 gennaio 2012 in materia di lavoro interinale con il riferimento alle aree svantaggiate e 6 mesi di disoccupazione, toglie il riferimento all'inquadramento d'ingresso al lavoro meno 2 categorie e taglia del 20% la retribuzione.
Lavoro parasubordinato (co.co.pro ecc.): scompaiono i riferimenti retributivi, lavori atipici non cambia nulla, sulle partite iva ne viene evitato l'uso improprio perché crea concorrenza sleale tra le imprese ecc.
Ammortizzatori sociali
Occorre collegare questa parte alla riforma delle pensioni quindi al prolungamento degli anni di lavoro, non esiste l'universalità e non viene esteso alcun ammortizzatore sociale che già esista neppure vengono parificati, ma bensì tagliati, ridotti sia come numero che nella loro copertura col dramma conseguente nella gestione delle crisi aziendali. Introduzione del mercato attraverso il sistema assicurativo (ASPI) l'1,4 di contributo a carico delle aziende, si fa per dire, vale circa €30, naturalmente come tutti i sistemi assicurativi se ci sono soldi, paghi - se finiscono, nulla.
Esempi non esaustivi: elimina la CIGS per cessazione di attività (2 anni) e la mobilità (3 anni per i 50 anni) combinabili (5 anni) sostituita [da qui con la contrattazione si sono costruite le soluzioni per l'accesso alla pensione oggi impossibili vedi dramma degli esodati]: per i 55 anni, 18 mesi di disoccupazione.
Art. 18
Licenziamenti in uscita, il licenziamento per motivi economici introduce la licenziabilità individuale e collettiva, legata solo ed esclusivamente alle esigenze e al puro arbitrio dell'impresa.
Sarà impossibile (difficilissimo) poter dimostrare partendo da un licenziamento per motivi economici che questo è stato fatto per motivi disciplinari o discriminatori.
Ed entrare così nelle due tipologie che danno al lavoratore la possibilità di una eventuale reintegra nel posto di lavoro. Complesso anche annullare un licenziamento economico dimostrando che è ingiustificato ed avere il solo risarcimento economico come previsto.
Riteniamo che i licenziamenti collettivi saranno tutti individuali; per ragioni economiche nulla lo vieta, una lettera per ciascuno, non devono più dimostrare o contrattare nulla.
Il vero obbiettivo era questo, per Confindustria: lo svuotamento della legislazione che tutela i licenziamenti.
Eliminando al contempo l'obbligo di contrattare per ricercare soluzioni anche differenti sui licenziamenti. L'espulsione di qualsiasi vincolo di contrattazione è un ulteriore elemento che si aggiunge e marginalizza la rappresentanza dei lavoratori.
L'intero impianto del diritto del lavoro conquistato in oltre 45 anni di lotte viene reso inefficiente.
Senza art. 18 lo Statuto dei diritti dei lavoratori e tutto l'impianto del diritto conseguente scompare.
Conclusioni
Sono i licenziamenti facili quello che veniva richiesto e che permettono il funzionamento di un mercato del lavoro dove i lavoratori sono in aperta competizione fra loro, costano sempre meno e sono ricattabili. La riforma è quindi come quella pensionistica strutturale.
Bisogna fermali con la lotta di tutte e tutti.
viap
1 aprile 2012