Note sulla riforma del lavoro
Dentro il licenziamento individuale per cause economiche c'è la mediazione alla Direzione Provinciale del Lavoro dove, se licenziamento economico è dubbio, si può ottenere risarcimento monetario che si riduce al massimo di 2 anni, a cui segue un percorso di reinserimento con agenzie del lavoro; in caso si vada dal giudice si rischia di perdere la monetizzazione della fuoriuscita, in ogni caso si modifica la causale del provvedimento.
Infatti stante le ristrutturazioni e le riduzioni di fatturato, quella economica è motivazione facile da usare per liberarsi degli indesiderabili; si salvano forse i delegati ufficiali, non gli indisciplinati comuni. Da considerare che nei licenziamenti economici veri la prassi vuole che si faccia ricorso a scelte, le meno indolori, tipo single, giovani, ultimi assunti, che vengono superate poi; per evitare scelte le aziende usavano incentivi per "volontari alla fuoriuscita" che dava l'opportunità della mobilità di anni che dipendeva dalla età (1, 2, 3 o uno in più sud e isole), nelle aziende metalmeccaniche arrivavano a 30mila netti. Il licenziamento era solo nelle aziende con 15 dipendenti nell'industria. L'articolo 18 imponeva la clausola della "giusta causa" che adesso è anche economica, prima solo per motivi disciplinari, cioè sanzionatori di comportamenti "inopportuni" (malattie non giustificate, ritardi continui, furti, picchiare un collega...)presenti nei contratti nazionali.
2... Si riducono notevolmente i costi per le aziende e per la spesa sociale per i licenziamenti, dove gli ammortizzatori si limitano alla disoccupazione che cambia nome, ma non caratteristiche, che dipendono da aver due anni di lavoro precedentemente ed essere stato licenziato, mentre spariscono altre formule, incluso che le aziende doveva pagare almeno 9 mesi di INPS (minima) per mettere in mobilità. Il paragrafo 7 dell'articolo 29 sembra prevedere che per i nuovi assunti, fino al 2017 la spesa per le aziende si riduca alla metà dell'Aspi per 12 mesi in 3 anni, circa €1.500 che a regime triplica per tutti. L'Aspi è 1.120 al massimo, calcolato al 75% per il minimo + 25% per eccedenze ovvero come adesso la disoccupazione e mobilità circa, ma si riduce del 15% ogni sei mesi, massimo 12, integrata di altri 6 per dopo i 55 anni.
Essendo una forma assicurativa, cioè dipende dai fondi accumulati dai contributi di imprese e dei lavoratori, l'integrazione dello Stato è minima (circa €1,7 miliardi per il 2013); quindi se mancano i fondi sussiste un problema di assegno. In questi anni (2009, 2010, 2011) i fondi accumulati sono risultati insufficienti e si è ricorso alle precedenti gestioni di circa €9 miliardi all'anno, che per altro solo nel 2003 sono state in attivo per €1,3 miliardi, abitualmente solo di €700 milioni. La gestione della disoccupazione è attiva solo nel 2003, quella di mobilità mai. Nel 2011 la spesa complessiva è quasi €17,8 miliardi (dati UIL), 2,1 milioni di disoccupati, 189 in mobilità e 1,5 milioni in cassa integrazione. Questi sono contabilizzati come spesa dell'INPS che si tende a ridurre limitando le pensioni e gli ammortizzatori sociali. Ci sarà un periodo di trasizione dal 2013 al 2017 per la mobilità che verrà ridotta progressivamente per i 40 e i 50 anni. La mobilità è anche nel pubblico impiego per 2 anni all'80% dello stipendio dal 2011 per mancanza di ruoli, dopo esiste il licenziamento.
3... I contratti "precari" continuano: viene valorizzato l'apprendistato riducendo assunzione al 30% per 3 anni fino al 50% a regime, dove si risparmiano i contributi (solo il 10%) e inserimento a due livelli inferiori al dovuto. I contratti determinati saranno anche senza causale, la motivazione dell'attivizzazione.
mm
6 aprile 2012