Lucide considerazioni di un analista finanziario...
Sul "Sole 24 Ore" appare la settimana finanziaria di W. R., lucide considerazioni sui mercati borsistici, con consigli opportuni, per chi vuole investire, ma soprattutto una descrizione della fase economica, estremamente documentata...
Il 13 agosto descriveva: "Al cronista della Reuters, che chiedeva come mai la speculazione stesse attaccando le banche francesi, un analista americano spiegava che SocGen, Bnp e Crédit Agricole erano piene di titoli di Stato del proprio paese. Deve essergli parsa una buona argomentazione [...] Le banche francesi sarebbero dunque in difficoltà perché piene di Oat [buoni del tesoro francese] a rating tripla A, mentre quelle americane sarebbero sicure per aver investito in misura doppia nei Treasury Usa appena degradati a doppia A".
"L'aperta manipolazione dei mercati finanziari induce tra gli operatori comportamenti assai poco razionali, frutto di una cronica dipendenza dalle droghe somministrate da Ben Bernanke." "Ma il disegno della Fed e del Tesoro, benché inconfessabile, è in realtà piuttosto chiaro. Con i tassi d'interesse a quasi zero fino al 2013, Bernanke punta a tre risultati: indirizzare gli investitori verso le attività a rischio (Wall Street soprattutto), in modo che quotazioni in crescita creino un fittizio effetto ricchezza; tenere bassi i rendimenti dei Treasury e ridurre di conseguenza la spesa per interessi; perseguire nei fatti la politica del dollaro debole, in modo da avvantaggiare le imprese statunitensi."
Si potrebbe aggiungere un 3 bis: svalutare il debito USA detenuto dagli stranieri e incrementare il prezzo/valore degli investimenti USA nel mondo che vengono stimati con diversa valuta. Ma questo sarebbe troppo per un giornale della Confindustria.
In ogni caso, il risultato sarebbe un incremento dell'inflazione anche se potrebbe essere "camuffata con un paniere di beni edulcorato". Questo produce una instabilità dei mercati finanziari, ma "è un prezzo che gli USA stanno facendo pagare in grande parte ad altri paesi". Quindi mantenere titoli di debito pubblico sotto l'inflazione garantisce una sostenibilità dello stesso, anche perché a costi svalutati.
Il commento è dell'agosto 2011 e anticipa gli avvenimenti dei mesi successivi. "Il disastro che si è abbattuto sui mercati del vecchio continente ha qualcosa di paradossale: quasi se si volesse il recondito disegno di disgregare l'euro".
Nel marzo 2012 W. R. riassumeva: "Dopo quattro anni di dosi massicce di liquidità, non si sono visti negli USA significativi miglioramenti, a parte un discreto aumento dei consumi, sorretto dal ricorso al debito". "Quanto al mercato della casa, la situazione è quella di una profonda e stabile recessione. Gli effetti più consistenti si sono visti sui mercati finanziari, poiché azioni, bond, oro, petrolio e materie prime sono saliti in buona correlazione tra loro e quasi in virtù della liquidità." "Tanta liquidità ha permesso di salvare (temporaneamente?) le banche che non avevano accesso al credito e fatto crollare il rendimento dei bond governativi dei Paesi [...] alleviando i bilanci pubblici di tanti Stati da insopportabili oneri finanziari".
Poche settimane dopo, sempre in marzo, aggiunge: "Ma è tutto il mondo occidentale che tenta di guadagnare tempo e la soluzione escogitata da Stati Uniti, Gran Bretagna, zona euro e in parte dal Giappone è il quantitative easing (Qe), ossia l'acquisti di titoli di Stato direttamente o indirettamente [BCE lo fa con Ltro - ndr][1]". "Lo scopo è [...] di guadagnare tempo nella speranza che con il passare dei mesi l'economia ricominci a marciare e che i governi predispongano riforme strutturali": nella consapevolezza che però "[u]n giorno o l'altro, tutta questa enorme liquidità finirà per produrre altri e diversi disastri", convenendo cosi con Weidmann della Bundesbank.
Il debito USA nel dicembre 2011 veniva stimato molto alto, includendovi non solo il 100% del PIL, ma aggiungendovi le spese del debito locale (3.000 miliardi) e la copertura del debito delle immobiliari Fannie e Freddie (altri 3.000 miliardi), quindi un totale di 21.000 miliardi, come stimato da N. Roubini [2]. Quindi, garantire un continuo flusso di investitori rispetto ai propri titoli diventava condizione essenziale per non essere travolti da instabilità e oscillazioni dei prezzi.
In questo senso va spiegato l'accanimento rispetto alla solidità dell'area euro, dei singoli paesi, che spinge i fondi legati a termini di investimento garantito (es. fondi monetari con circa 3.000 miliardi da investire) a convogliare in altre aree stabili, seppur con interessi sottostimati, ma garantendo il capitale investito.
Il debito pubblico, dopo la crisi del 2008, ha subito una impennata per gli interventi di sostegno ai bilanci disastrati delle banche, delle assicurazioni, delle imprese: in questo panorama tra il 2008 e 2010 il debito tra USA e Europa è aumentato di 5.800 miliardi di euro.
L'intervento in Europa era stimato a fine 2010 a 1.200 miliardi, solo 600 miliardi in Germania (tra cui interventi per 140 miliardi per Hypo Real Estate, le Landesbanken).
Nell'Eurozona il debito è cresciuto da 6.000 miliardi a 8.200 miliardi, dal 66% all'87% del PIL: il debito irlandese dal 25% al 115%, quello spagnolo dal 36% all'80%, quello portoghese dal 63% al 112%, quello francese dal 64% al 90%, l'Olanda dal 45% al 70%, la Grecia dal 105% al 160%, la stessa Germania dal 65% all'80%, tutti per interventi di sostegno alle banche, unica eccezione l'Italia, il cui debito va dal 103% al 123%, senza però alcun intervento nel settore, anzi uno molto marginale e piccolo, qualche miliardo. La crisi del debito privato è diventata crisi del debito pubblico e ha posto tensione sul rifinanziamento al punto di un intervento della BCE con 1.000 miliardi (Ltro) in due tempi per 800 banche, incluse anche finanziarie di gruppi industriali (Peugeot, BMW Siemens, Volkswagen, General Electric), attraverso titoli come collaterali, allargando il ventaglio, ma aumentando lo sconto sugli stessi.
Il problema in Europa è che questi ritornano alla stessa BCE, nonostante il tasso dello 0,25%, con cifre attorno agli 800 miliardi giornalieri, di cui 500 miliardi in eccesso rispetto ai normali flussi, sintomi della riluttanza all'investimento.[3] Infatti è intenzione di usare un tasso negativo, attraverso commissioni per dissuadere l'inutilizzo come il Giappone 10 anni fa, essendo impraticabile un ulteriore acquisto di Titoli tramite SMP [4], una riduzione del tasso di interesse (1%) o estensione della Ltro dai 3 anni ai 5, possibili.
Ma "[l]a fase due ha lanciato un campanello di allarme sulla solidità del settore bancario e, inevitabilmente, apre la stagione del deleveraging delle banche proprio quando si apre la terza fase della crisi, quella delicata della recessione. Questa è una crisi da eccesso di debito: in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna la dimensione dei prestiti bancari a famiglie e imprese si è notevolmete contratta di recente con forti effetti sull'economia reale. Italia e Francia seguiranno presto. Dall'altra parte, la moneta creata dalla Bce non circola e ritorna indietro sotto forma di depositi." [5]
La Banca Centrale ha comunicato che il suo attivo è di 3.023 miliardi di euro, di cui 420 in oro, 284 in titoli di Spagna e Italia, circa il 30% del PIL, simile a quello Giapponese. La Fed solo 2.230 miliardi di euro, quasi il 20%.
In realtà, si confrontano due diverse modalità di gestione dell'emergenza economica: una che è indifferente al debito pubblico e al livello del deficit, cioè del rapporto tra entrate e uscite nell'anno, come gli USA; l'altra che fa dell'austerità, dei conti in pareggio il cardine di una ripresa. Per la seconda, "l'austerità toglie alla domanda il sostegno pubblico, un bilancio in via di risanamento dà fiducia al settore privato, incoraggia le spese di famiglie ed imprese e, per questa via, rimette l'economia su un sentiero di crescita".[6] Il mantra della priorità dell'offerta nel ciclo economico, modello Bundesbank. L'altro versante ritiene che: "togliendo alla domanda il sostegno del bilancio pubblico, si riduce il reddito, quindi le imposte. I tagli alla spesa pubblica sono compensati dal minor gettito, il deficit non si riduce e il PIL è minore".[7] Uno studio recente della Federal Reserve Bank di New York conferma questa tesi soprattutto quando il tasso di interesse è vicino allo zero.
Ma W. R. commenta a fine aprile 2012: "Ma l'effetto del quantitative easing è [...] che gli Usa per produrre 142 miliardi di Pil (nominale) in più nel primo trimestre hanno impiegato 359 miliardi di nuovi debiti. Tradotto in percentuale, sarebbe come dire che un deficit su base annua al 10% produrrebbe una crescita del PIL attorno al 4% in termini nominali [incluso inflazione] e poco sopra il 2% in valore reale. [...] Negli USA s'è capito che arrivano dai consumi delle famiglie, che tra prestiti agli studenti, sussidi di disoccupazione e soprattutto uso delle carte di credito [...] s'incentivano gli acquisti di auto, elettrodomestici, iPad [che] hanno fatto la totalità della crescita del Pil nel primo trimestre".[8]
In realtà M. Feldstein [9], più pessimista, ritiene che l'economia USA sostenga Romney, cioè i Repubblicani, perché "chi ha un lavoro vede contrarsi il reddito: negli ultimi mesi i salari medi settimanali reali sono diminuiti e ora sono più bassi di quanto non fossero 18 mesi fa. Più in generale è diminuito anche il reddito personale reale pro capite dopo le tasse", però la spesa delle famiglie è cresciuta a ritmi sostenuti, comprimendo il risparmio (appena il 3,7%) ma la spesa per i consumi non potrà continuare a crescere. Il mercato immobiliare resta seriamente depresso. L'indice continua a calare, i prezzi sono inferiori del 7% rispetto un anno fa, poi un'alta percentuale dei proprietari di immobili ha un mutuo il cui costo è superiore al valore della casa... L'economia americana annaspa fra crescita lenta e disoccupazione. [10]
Per questo nell'ultimo periodo, si è perso il riferimento all'austerità fiscale e tutti auspicano la crescita: "di crescita sono piene le invocazioni dell'amministrazione americana, preoccupata solo che il peggioramento delle cose in Europa possa trascinare ancora più in basso gli USA."
Seguendo però le trimestrali e i bilanci annuali delle società quotate in borsa si coglie come in questo periodo hanno ripreso a fare profitti in modo significativo, a macinare profitti (USA attorno al 15%) e distribuire anche dividendi agli azionisti; ridurre i debiti con l'amministrazione pubblica per gli aiuti ricevuti nel periodo negativo, conservare una discreta liquidità sin dall'anno scorso, stimata in 1-2.000 miliardi, parcheggiata come riserva in banca e a non fare alcun investimento in impianti (accumulazione/riproduzione allargata) in USA.
Direi che questa è una descrizione lucida e serrata delle attuali contraddizioni legati ad una crisi economica a seguito di una bolla sgonfiata, i cui effetti potranno essere smaltiti solo nel tempo (stime indicano il 2017, cfr. Rogoff [11]), cioè in circa 10 anni, per ammortizzare la perdita di valore dei titoli posseduti senza produrre effetti devastanti ossia di svalorizzazione concentrata.
Monte
(Ufficio Studi-FdCA)
Note:
1. Ltro: longer-term refinancing operation, inaugurata con la gestione Draghi della BCE, riconducibile alle operazioni di quantitative easing effettuate dalla Fed. La BCE concede un prestito alle banche richiedenti, della durata di 3 anni e con un tasso di interesse agevolato dell'1% annuo. In cambio la BCE riceve dalle banche una garanzia sul prestito, detta
"collaterale", costituita da obbligazioni governative emesse dagli stati membri dell'UE.
2. Nouriel Roubini, economista presso la New York University, studioso delle crisi finanziarie mondiali, aveva previsto quella USA del 2007.
3. Ma come sosteneva Mattick: "escludendo le situazioni di crisi acuta, il saggio di profitto può essere mantenuto anche in presenza di un declino del tasso di accumulazione e proprio tale declino previene o limita l'ulteriore aumento della composizione organica e quindi sostiene il saggio di profitto" (p. 50/51 de "Il marxismo, ultimo rifugio della borghesia?").
4. SMP: Securities Markets Program, acquisto da parte della BCE di titoli dei debiti sovrani.
5. Sole24Ore, 2 marzo 2012.
6. Marcello Battini, "Economia e Welfare", contributo alla Conferenza economica cittadina.
7. Ibid.
8. Sole24Ore, 28 aprile 2012.
9. Martin Feldstein, economista presso la Harvard University, già membro fino al 2008 del consiglio di amministrazione della AIG (American International Group, assicurazioni) da cui si dimise dopo il crack finanziario della compagnia; membro della Trilateral Commission e di JP Morgan.
10. Il Sole24Ore, 8 maggio 2012.
11. Kenneth Rogoff, economista presso la Harvard University, che legge l'attuale crisi come contrazione e non come recessione.