"LA COMUNE DI PARIGI"

Dal 14 settembre al 18 marzo

 

Nei mesi successivi alla proclamazione della repubblica, il governo repubblicano darà un'empia dimostrazione della propria incapacità congenita.

La situazione rapidamente degenera: gli ex-generali monarchici, adesso "capi delle armate repubblicane", subiscono sconfitte su sconfitte; Parigi viene cinta d'assedio dalla truppe prussiane, fame ed epidemie cominciano a mietere vittime tra gli abitanti (i topi verranno venduti a 3 franchi l'uno, i cani a 10 il chilo).

Del resto non viene presa alcuna misura per garantire un'equa distribuzione delle derrate alimentari; continua così la corsa all'accaparramento, il mercato nero prospera, e, naturalmente, chi paga in prima persona il costo della guerra sono i ceti popolari parigini.

Di fronte a una simile situazione la coscienza politica dei militanti operai si rianima. In tutti gli arrondissement parigini si formano dei comitati di quartiere, espressione, per ora, di una ristretta avanguardia politicizzata; viene istituito un Comitato Centrale Repubblicano (CCR) come coordinamento dei venti quartieri e rafforzata la Guardia Nazionale, sempre su base locale, che ben presto comprenderà 384.000 uomini.

In questo processo organizzativo si innesta l'idea della Comune: sempre di più il proletariato si richiamerà in questi mesi alla Comune insurrezionale che nel '92 abbatté la monarchia e che nel '73 diede nuovo impulso all'azione della Convenzione.

"Ma, più che un'imitazione stimolante, ma anche pericolosa, la Comune assume il significato di una conquista diretta, da parte degli operai e dei soldati, dell'amministrazione della loro città" (2)

Sostanzialmente, è l'idea dell'autogestione socialista che si affaccia, per la prima volta concretamente, sulla scena della rivoluzione. E il fatto che questo tipo di concezione fosse già sgombra di tutti quegli equivoci interclassisti così comuni in passato, ce lo dimostra sufficientemente il testo di una proposta avanzata dal CCR dei 20 arrondissements:

"Chi deve far parte della Comune di Parigi? Gli avvocati? No! I borghesi? No! La Comune di Parigi deve essere composta in maggioranza dai lavoratori di ogni tipo, noti a tutti come rivoluzionari e socialisti. Che se ne stenda una lista e che venga sottoposta al popolo di Parigi...".

Riprendono le manifestazioni di piazza e il 31 ottobre, dopo una ennesima sconfitta degli eserciti repubblicani, le guardie nazionali occupano l'Hotel de Ville al grido di Viva la Comune senza incontrare resistenza.

Basterebbe un'azione decisa, dichiarare decaduto il governo repubblicano e proclamare la Comune, per cambiare, forse, il corso della storia. (3)

Ma, evidentemente, i tempi non sono maturi e le masse parigine sgombrano il campo, rabbonite dalla promessa di immediate elezioni politiche.

Sopraggiunge l'inverno, e con l'inverno il freddo particolarmente intenso e i bombardamenti diretti sulla città; in due mesi più di 30.000 persone moriranno a Parigi si stenti, malattie e fame: la situazione è ormai insostenibile e, ad esasperare maggiormente gli animi, a tutto ciò fa fronte un governo palesemente indifferente che utilizza tutte le sue scarse energie nelle trattative, nemmeno tanto segrete, per arrivare alla pace con Bismark.

E' ancora il C.C.R. dei 20 arrondissements, in questo periodo l'espressione organizzativa più diretta del proletariato parigini, ad assumersi l'incarico di denunciare i responsabili della situazione: viene così pubblicato il "manifesto rosso" che denuncerà a piene lettere l'inettitudine degli uomini di settembre.

"Il governo che si è assunto il compito della difesa nazionale ha adempiuto alla sua missione? No!!! Con la loro lentezza. Indecisione ed inerzia coloro che ci governano ci hanno portato sull'orlo dell'abisso... Non hanno saputo né governare né combattere. Imprese senza scopi, lotte omicide senza risultati..., continui insuccessi... Il governo ha dimostrato i suoi limiti e oggi ci uccide…L'ovvia conseguenza di questo regime è la capitolazione... La politica, la strategia, l'amministrazione del 4 settembre, frutto dell'Impero sono messe oggi sotto accusa".

Il manifesto concludeva formulando un programma d'azione riassumibile in 3 punti:

  1. sequestro generale dei beni
  2. razionamento gratuito
  3. operazioni militari di massa (comprendenti cioè non solo l'esercito regolare ma anche la Guardia Nazionale, tenuta fino ad allora lontana dagli scontri,

e lanciando lo slogan destinato a suscitare enorme impressione "Potere al popolo, potere alla Comune".

Il governo deve rispondere, e risponde secondo la sua logica, prima mandando al massacro in un'azione suicida alcune migliaia di soldati e guardie nazionali, poi facendo sparare sulla folla che il 22 gennaio, in un'ennesima manifestazione davanti all'Hotel de Ville, reclamava la guerra ad oltranza e l'avvento della Comune.

La misura è ormai colma ma, giocando ancora una volta d'anticipo, Favre, Ferry e compagni pochi giorni dopo ottengono un armistizio di tre settimane.

Nel frattempo dovrà essere eletta un'Assemblea Nazionale, Parigi dovrà disarmare i suoi forti e cederli ai prussiani, l'esercito parigino dovrà consegnare le armi, e si dovrà pagare un primo contributo di guerra di 200 milioni di franchi.

E' la resa, mascherata appena da un velo di ipocrisia, e il proletariato parigino che tante privazioni e sofferenze ha sostenuto pur di non cedere al militarismo tedesco, vede di colpo vanificati tutti i suoi sforzi dal tradimento di un pugno di opportunisti.

 

(2) "La Comune del '71"; E. Tersen - J. Dautry
(3) Cfr.: Marx , "La guerra civile in Francia": "Se la Comune avesse vinto a Parigi ai primi di novembre del '70 (...) non soltanto si sarebbe tolta la difesa dalle mani dei traditori, ...ma sarebbe completamente mutato il carattere della guerra. Sarebbe diventata la guerra della Francia repubblicana che avrebbe issato la bandiera della rivoluzione sociale del XIX secolo, contro la Prussia, quest'alfiere dello spirito di conquista e della controrivoluzione..."


Il 18 marzo

Indice