"LA COMUNE DI PARIGI"

Il Consiglio. Misure adottate

 

Sulla base di quanto emerso possiamo individuare nel contrasto tra Consiglio e organizzazioni di base del proletariato una delle principali tematiche che improntano tutta l'esperienza della Comune.

Sarebbe però errato ricondurre il tutto alla solita antitesi borghesia-proletariato in cui il Consiglio della Comune incarna un ennesimo governo fantoccio con cui la classe egemone si maschera per perpetuare il proprio dominio, e in cui il proletariato parigino non è altro che un magma primordiale di forze incontrollate unite solo dalla confusa esigenza di un cambiamento.

A questo proposito abbiamo illustrato ampiamente la raggiunta maturità e coscienza proletaria per poter ricondurre l'esperienza dei clubs, probabilmente il primo esempio storico di organizzazione di massa, alle altre forme organizzative, simili in apparenza, che questo stesso proletariato si diede durante la Rivoluzione del '92.

E' importante, però, alla luce di quanto detto finora, esaminare ulteriormente il ruolo giocato dal Consiglio della Comune in tutta la vicenda.

Il primo rilievo, ovvio ma basilare per la comprensione degli avvenimenti, è che effettivamente i delegati eletti il 26 marzo erano, in quel momento, l'avanguardia più cosciente e politicamente preparata del proletariato parigino.

La Comune fu dunque un governo del proletariato e some espressione diretta di questa classe cercò di interpretare le esigenze durante quei 63 giorni in cui fu al potere.

Da queste punto di vista il Consiglio fece quello che fu umanamente possibile fare, tenuto conto delle divisioni interne ad esso.

E, per la prima volta, possiamo vedere uno Stato, anzi un nuovo Stato, che si pone dalla parte degli sfruttati abolendo gli affitti, spignorando gli oggetti del Monte di Pietà, sopprimendo multe, trattenute, lavoro notturno, confiscando aziende distintesi per la loro conduzione disumana.

Tutte misure, per restare al settore più spiccatamente sociale, che indubbiamente favorirono e interpretarono le esigenze primarie della popolazione.

Dunque non è certo il cauto riformismo che caratterizza la commissione del lavoro da rigettare come antirivoluzionario, semmai è criticabile l'atteggiamento dei funzionari e la natura delle riforme.

Ecco come Le Proletaire valuta la decisione del governo di abolire il lavoro notturno: "Il popolo non deve ringraziare i suoi mandatari semplicemente perché hanno fatto il loro dovere" (riferendosi alle manifestazioni di gioia all'annuncio del decreto); riferendosi poi al Consiglio della Comune rimprovera addirittura i suoi membri di "atteggiarsi a provvidenza invece di comprendere tutti i lavoratori in una serie di riforme fondamentali, quali il massimo delle ore lavorative e il minimo salariale".

Non occorre, in questa sede, andare ad esaminare, punto per punto, pregi e difetti dell'operato del Consiglio: di fatto le misure che possiamo registrare all'attivo sono numerose e significative (revocabilità dei funzionari, parificazione del loro salario con quello dell'operaio, gratuità dell'istruzione, espropriazione di parte dei beni del clero, ecc.) ma sono sommerse in un mare di incertezze, di sbagli, di errori spesso grossolani di valutazione e di conduzione generale degli affari pubblici (due esempi emblematici: la mancata espropriazione della Banca di Francia e l'incompetente gestione militare in complesso).

Resta naturalmente valida la considerazione di fondo già riportata numerose volte: all'interno del Consiglio esisteva una frattura netta tra una maggioranza schematicamente definibile radicale e una minoranza socialista.

Le frazioni trovavano l'unico momento di effettiva omogeneità nella comprensione di rappresentare un momento di rottura col passato, di essere stati eletti dal proletariato per tutelare, rappresentare e gestire i suoi interessi.

Ma sul come impostare questa nuova società non si trovò mai un accordo: a una maggioranza che si limitava alle vuote formulazioni della demagogia parlamentare e che aveva come unico punto di riferimento l'89 si contrapponeva una sinistra socialista in cui il dibattito chiarificatore non era ancora giunto a una sintesi di chiarezza e organicità sufficienti per impostare una qualsivoglia strategia politica che uscisse dai binari dell'immediato e del contingente.

La sintesi radicale - proudhoniana emerge chiaramente dal programma politico che, solo il 19 aprile, il Consiglio presentò al popolo francese e del quale riportiamo alcuni stralci:

"Che cosa chiede Parigi? Il riconoscimento e il consolidamento della repubblica, sola forma di governo compatibile con i diritti del popolo... L'autonomia della Comune estesa a tutte le località della Francia, che garantisca a ognuna di esse la premessa dei suoi diritti e a tutti i francesi il pieno esercizio delle loro facoltà e attitudini come uomini, come cittadini e come lavoratori.

L'autonomia della Comune avrà come unico limite l'eguale diritto di autonomia di cui godranno tutte le altre Comuni aderenti allo stesso patto e la cui unione dovrà garantire l'unità francese".

Le Comuni "dovranno costituire una grande amministrazione centrale, una delegazione delle Comuni federate".

"E' la fine del vecchio mondo governativo e clericale, del militarismo, del funzionalismo, dello sfruttamento, dell'aggiotaggio, dei monopoli, dei privilegi ai quali il proletariato deve la sua schiavitù, la patria le sue sventure e i suoi disastri".

Come si vede, gli ideali federalisti del "grande maestro" trovano in questo testo la possibilità di coesistere con le classiche enunciazioni repubblicane e radicali.

In definitiva, possiamo riassumere l'esperienza politico-sociale della Comune, intesa come nuoba forma di governo popolare, in questo schema riassuntivo:

Il Consiglio della Comune, eletto con il suffragio universale, rappresenta solamente il proletariato e, in senso più lato, le masse lavoratrici.

Borghesia, aristocrazia, clero sono decisamente avversi a questa forma di governo.

Il punto cruciale è l'evoluzione che, come abbiamo visto, si ha nella gestione del potere: da un lato, l'assemblea, pur rendendosi conto del pericolo di perdere i contatti con la massa, non agirà mai in maniera organica per coinvolgere e inserire nell'amministrazione quegli organismi che certo più del Consiglio rappresentano il proletariato; dall'altro il proletariato, giunto con la grande rapidità propria dei sommovimenti sociali, all'acquisizione di una consapevolezza rivoluzionaria superiore a quella dei suoi "rappresentanti", scavalca a sinistra le posizioni del Consiglio e richiede la gestione diretta della vita pubblica per quegli embrioni di organizzazioni di massa che, come abbiamo visto, erano sorti in questo periodo.

Il processo di complessivo deterioramento nei rapporti Consiglio-clubs viene ulteriormente accelerato dall'irrigidirsi delle posizioni del Consiglio il quale crea un Comitato di Salute Pubblica composto da cinque membri che hanno l'incarico di dirigere tutta l'attività della Comune.

A questa delibera si oppone la minoranza socialista, cosciente della necessità di arrivare a una ulteriore definizione dei rapporti avanguardia-proletariato ("La Comune non si è ispirata al movimento popolare, non ha sostenuto come doveva i clubs" (14), che però non riesce a rivestire la sua protesta di contenuti che vadano al di là dell'autoesclusione per alcuni giorni dalle sedute del Consiglio (15-17 maggio).

Per contro, la classe operaia parigina, dai primi di maggio, pone sotto accusa sia la politica sociale della Comune che il suo operato nel complesso.

La necessità di sostituirsi a una forma di governo ancora legata ai vecchi schemi parlamentari e in cui agisce una maggioranza di individui politicamente ottusi (giacobini, radicali, blanquisti) è profondamente sentita in strati sempre più ampi del proletariato.

La destituzione del Consiglio e la sua probabile sostituzione con una federazione dei club parigini (che come abbiamo visto, era stata creata pochi giorni prima del 21 maggio e si riuniva di fronte all'Hotel de Ville) verrà impedita solo dalla tragica spedizione militare che i versaglieli terranno contro Parigi.

 

(14) Amouroux, seduta del 19 maggio


Cenni sulla lotta armata del 18 marzo - 21 maggio

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