Portogallo 1974
Portogallo: elementi storici della crisi di un regime
La nascita e lo sviluppo, all'interno delle Forze Armate portoghesi, di un settore estremamente critico rispetto alle scelte della politica colonialista di Caetano, rappresentano senza dubbio l'elemento dirompente del processo storico di un paese, per molti versi, all'ombra degli avvenimenti mondiali degli ultimi trent'anni. Anche se la ricerca e l'analisi dei motivi profondi che hanno determinato l'insorgere di un fronte del rifiuto all'interno del principale pilastro del regime salazariano sono ancora in evoluzione, certamente le cause principali vanno individuate nell'arretratezza economica e nella politica colonialista di vecchio stampo, che hanno inciso enormemente nel clima politico radicalizzando certe spinte nello scontro di classe del paese.
L'arretratezza economica e il colonialismo non sono assolutamente due realtà contrastanti di un paese rimasto indietro rispetto all'intenso sviluppo capitalistico complessivo della Europa occidentale, ma costituiscono invece due termini, interagenti fra di loro, di un unico elemento frenante delle capacità produttive del Portogallo: il fascismo vecchio ed anacronistico di Salazar e Caetano.
Infatti, mentre l'arretratezza economica è frutto del tipico conservatorismo delle classi possidenti delle campagne, pilastro della dittatura salazariana alla quale si ricollegano tramite la componente cattolica e clericale del regime, il colonialismo è la politica estera, se vogliamo definirla in questi termini, privilegiata dall'altro importantissimo pilastro del regime costituito dall'alta borghesia industriale e commerciale, che vede nell'appoggio alla dittatura di Salazar l'unico modo per difendere le proprie prerogative nelle colonie africane.
In questa realtà di paese da terzo mondo, drammatiche emergono le condizioni delle masse contadine, rappresentanti il 70% della popolazione portoghese, e di quella esigua fascia di proletariato industriale, localizzata per lo più nelle due principali aree industriali di Lisbona e Oporto, che sopportano sulle proprie spalle, oltre che una repressione dura a qualsiasi accenno rivendicazionista di ogni tipo, una situazione economica fatta di supersfruttamento, bassi salari, disoccupazione, emigrazione.
Ora è evidente che se in un primo momento i rapporti di forza esistenti all'interno del regime rendevano funzionali le scelte del fascismo al piano dei gruppi monopolistici, inteso a rafforzare la propria posizione economica a livello internazionale e su queste basi creare le condizioni della propria ulteriore espansione, con gli anni '50, e quindi con il periodo della ricostruzione nei paesi dell'Europa occidentale, usciti stremati dalla seconda guerra mondiale, sotto la regia dell'imperialismo USA, emerge anche per il Portogallo, soprattutto dietro le spinte dei gruppi monopolistici e con la nascita della tecnocrazia metropolitana fascista che gradualmente va ad occupare i posti chiave dello Stato, l'esigenza di rivedere la propria politica economica nel quadro di un progressivo e fattivo inserimento nell'ambito di un tipo di cooperazione economica europea estremamente importante per evitare l'isolamento del paese.
Fautore di questa politica aperturista è Marcelo Cetano, fascista dichiarato, uomo legato ai monopoli portoghesi ed internazionali e falsamente disposto a restituire al Portogallo un margine di democrazia, che, già dagli anni in cui, come esperto economico, fissa i presupposti del piano di sviluppo economico quinquennale, esprime l'esigenza, appunto, di quella parte consistente, da un punto di vista economico, dell'alta borghesia che comprende come sia prioritario un adeguamento del clima politico alle esigenze di ristrutturazione produttive del capitale. Naturalmente in questo tipo di disegno assume un carattere determinante il problema del colonialismo nella misura in cui la borghesia si rende conto che come per l'avanzamento economico del Portogallo è necessario creare determinate condizioni politiche, così per la realizzazione di un neocolonialismo più funzionale ai piani di sfruttamento dei monopoli portoghesi e, soprattutto, stranieri, è indispensabile porre le basi di un diverso rapporto fra colonie e madrepatria.
Questo diverso rapporto si esprime nel tentativo di assegnare un certo grado di autonomia politica alle colonie (notare che proprio Caetano conia il termine "province di oltremare") con la speranza di conseguire lo scopo di creare le condizioni adeguate alla nascita di una borghesia nazionale, con cui stringere una rete di interessi economici, e attraverso questo sperare di battere dal punto di vista militare i movimenti di liberazione nazionale che sempre più vanno prendendo piede in Guinea Bissau, Mozambico e Angola.
Se in termini complessivi questi tentativi, peraltro strumentali, di democratizzazione interna e sul piano internazionale, ricevono il plauso di quella borghesia che intravede in tutto ciò la possibilità di imporre anche sul piano europeo la propria presenza, sono invece duramente avversati dai ceti parassitari del latifondo, e questi hanno un seguito non certo indifferente nelle strutture decisionali del regime, i quali appunto temono di essere emarginati da tale processo.
Questo, in sostanza, diventa uno dei primi elementi di violento attrito all'interno del potere salazariano che non ricreerà più le condizioni di quella strettissima alleanza fra borghesia avanzata e settore economico arretrato, caratteristica fondamentale per la sopravvivenza del regime stesso.
Quale ruolo in questo processo contraddittorio abbiano avuto le masse è di fondamentale importanza in quanto definisce già da questo momento l'aspetto che la coscienza proletaria andrà sviluppando in seguito, soprattutto in riferimento ai fatti del 25 aprile e del processo che ne è seguito.
In termini più concreti, il proletariato riesce ad esprimere il proprio, anche se limitato, attacco al piano di ristrutturazione del capitale in quanto vengono a mancare le condizioni fondamentali al proseguimento del piano stesso, e cioè svaniscono le possibilità per il capitale, sfruttando il diffuso stato di disoccupazione della forza lavoro portoghese, di manovrare un esercito di riserva dei lavoratori come ricatto nei confronti degli occupati in modo da assicurare un alto tasso di produttività, bassi salari e quindi una pace sociale salutare all'accumulazione del capitale.
I motivi per cui la borghesia contava molto sull'esercito di riserva della forza lavoro e le cause che hanno determinato il venir meno di queste condizioni, sono in parte il riflesso di un'errata programmazione economica, soprattutto in riferimento alla collocazione del Portogallo nell'area dell'imperialismo, nonostante lo stesso Caetano avesse predisposto organismi adeguati ad una corretta programmazione dello sviluppo del capitale.
Alla borghesia l'eccedenza di forza lavoro disoccupata era indispensabile nella misura in cui, contando sull'approvvigionamento di materie prime, in modo del tutto gratuito, dalle colonie africane, in particolar modo l'Angola, prevedeva di poter operare uno sviluppo industriale estremamente veloce e con bassissimi costi del lavoro usando quell'arma ai fini di intimidire qualsiasi velleità di miglioramenti normativi e salariali nelle strutture produttive; ma non si rese perfettamente conto, ed ecco il perché del venir meno dell'esercito di riserva, che i mercati europei, e soprattutto quello tedesco, avrebbero attirato una grossa massa di forza lavoro straniera, ed in particolar modo quella portoghese, viste le condizioni di profonda arretratezza economica del paese ed i ricatti della borghesia, in quanto garantivano salari e condizioni di lavoro molto più competitivi di quelli portoghesi.
Questa situazione determinò due effetti nella capacità di lotta del proletariato portoghese: uno di forza ed uno di debolezza; quello di forza era costituito da un'oggettiva possibilità per la classe operaia di spingere le proprie richieste oltre i limiti imposti dai padroni e di trasformarle in politiche, e quello di debolezza consisteva nel fatto che almeno il 50% del proletariato emigrasse in un momento di relativa debolezza del regime.
La risposta operaia si espresse nell'autunno del '68 con una serie di violenti scioperi iniziati nella zona di Lisbona e ben presto allargatisi a livello nazionale ai servizi pubblici, alle campagne e al settore della pesca, in cui si cercava di combattere i tentativi di alcune grosse industrie di monopolizzare il commercio del pesce che rappresenta un settore vitale per l'economia del paese.
Indubbiamente il fatto nuovo di questi scioperi non furono solo gli obiettivi avanzati, che nella maggior parte delle situazioni riuscirono vincenti, ma la partecipazione massiccia e le forme di base che contraddistinguevano la battaglia operaia, nonostante la repressione di Stato funzionasse a ruota libera.
Ciò che soprattutto emerse nitidamente fu che il proletariato aveva la capacità di rendersi protagonista complessivo di un disegno strategico che ponesse al centro dell'attacco operaio non solo le proposte rivendicative dell'opposizione moderata (PSP, PCP), tutte interne alla logica di un'apertura democratica del regime, ma attraverso un no decisivo alla politica di oppressione economica e politica del regime fascista, un attacco generalizzato alla dittatura di Caetano che ponesse come irreversibile l'obiettivo di renderne problematica la sopravvivenza.
Anche nel mondo studentesco una dura serie di manifestazioni anticolonialiste posero il problema di una risposta tanto dura al fascismo da costringere la chiusura di tutte le università portoghesi e da essere tanto pericolosa da richiedere una violenta repressione nella misura in cui si ponevano nell'ottica di un sostanziale appoggio alle lotte operaie.
Se pensiamo che l'università portoghese è frequentata da una selezionatissima élite di derivazione sociale dell'altra borghesia, ci si rende conto di come queste esplosioni studentesche abbiano letteralmente costretto Caetano e buttar via la maschera dell'aperturismo democratico ed a mostrare il vero volto del fascismo con l'assassinio da parte della Pide (polizia segreta portoghese) degli studenti.
M.P.A.: ristrutturazione capitalistica, populismo e processo rivoluzionario