COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

1. I teorici

Il comunismo anarchico non è il puro frutto di un’avventura intellettuale, non è il parto, seppur geniale, di alcuni individui che al riparo dal tumulto della storia hanno meditato sui destini dell’umanità, non è la risposta, generosa, di pochi utopisti ai mali della società contemporanea ed alla sua patente ingiustizia o la ricerca di un ideale di perfezione che soddisfi il bisogno di armonia di menti necessitanti un’elucubrazione astratta. Il comunismo anarchico nasce dalle lotte e nelle lotte del proletariato e, quindi, ha poco da spartire con l’aspirazione innata dell’uomo ad un’organizzazione sociale meno iniqua; da ciò discende che non ne ricercheremo le radici nei sistemi filosofici più o meno antichi (seppure essi possano aver fornito spunti importanti di riflessione, come per altro ad altre forme di pensiero politico nate nello stesso intorno di tempo, quali il marxismo o l’ideologia liberale) ma ci soffermeremo soltanto sulla stratificazione di idee sedimentate in una delle componenti del movimento operaio e proletario a partire dalla Ia Internazionale (1864) ad oggi.

Tutto ciò, però, non significa che non siano esistiti alcuni individui che con la propria riflessione abbiano portato contributi fondamentali alla costruzione di quel complesso ideologico che individuiamo col nome di comunismo anarchico e ad essi dedicheremo un breve cenno, con tre premesse. La prima è che nessuno di essi è stato un semplice pensatore che abbia osservato dall’esterno l’evolversi degli eventi della lotta di classe, oppure abbia ricoperto un ruolo dirigente che lo abbia caricato del compito esclusivo di fornire linea politica e proposta di analisi; tutti hanno militato a tempo pieno nelle vicende quotidiane del movimento e per questo il loro contributo è spesso frammentario, affidato ad articoli estemporanei, a pamphlet scritti di getto sotto l’urgenza degli eventi, a riflessioni iniziate e non portate a termine: il loro pensiero, seppure non è, perciò, sempre sistematicamente esposto in opere di largo respiro e decennale elaborazione, ha pur tuttavia una propria coerenza, un filo conduttore che va ricostruito con pazienza e fatica, anche se questa circostanza è causa non ultima delle diversità delle interpretazioni cui da sempre va incontro.

La seconda premessa è che quelli qui ricordati non sono gli unici pensatori che il comunismo anarchico possa vantare e che altri ve ne sono di grande profondità di analisi e proposta. Soltanto ci preme sottolineare, con i loro nomi, coloro che hanno segnato svolte significative ed imprescindibili nell’evoluzione della teoria comunista anarchica.

La terza premessa, infine, è che non si stupiscano alcuni di non trovare, nella succinta silloge proposta, nomi classici di ogni storia dell’anarchismo (William Godwin, Pierre-Joseph Proudhon, Pëtr Alekseevic Kropotkin, etc.) o compagni che tanto hanno meritato nella storia del movimento comunista anarchico in particolare (Emile Pouget, Errico Malatesta, Néstor Ivánovic Machnò, etc); i primi perché rappresentano filoni di pensiero che spesso si discostano molto dal comunismo anarchico ed i secondi in quanto, pur nel rigore generale del loro sistema di pensiero, non hanno costituito quelle poche pietre miliari che si intende qui mettere in evidenza, lasciando ad altra sede una trattazione sistematica e diacronica (in cui i meriti di ogni riflessione vengano messi nella giusta luce) dell’evoluzione della teoria del comunismo anarchico.

 


1.1. Bakunin (ovverosia della fonte)

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