COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

2.2. Ucraina (1917-1921; l’idea)
 

Quello della rivoluzione in Ucraina è rimasto un episodio sconosciuto, grazie all’opera di disinformazione che la propaganda sovietica vi ha steso sopra e alla complicità della storiografia ufficiale di scuola occidentale anche di stampo liberale, e tuttora i contorni reali della vicenda sfuggono ad un’analisi storica approfondita. La vastità dell’evento (vi furono coinvolte circa due milioni di persone) e la sua durata nel tempo (con alterne fortune circa 4 anni) ne fanno però un episodio chiave nella storia del comunismo anarchico e la riflessione sul suo svolgimento e sul suo esito è stata foriera di non pochi approfondimenti e messe a punto nella sua teoria complessiva. Rimandando al solito ai testi specializzati per una cronaca puntuale degli accadimenti e per il loro inserimento nel complicato ed immenso panorama della rivoluzione russa del 1917, ci limiteremo, in questa sede, a concentrarci sui suoi riflessi teorici.

Proprio vastità e durata forniscono un primo spunto di riflessione. Se tutto ciò fu possibile non è solo per l’immensa anima libertaria del popolo ucraino, per la sua insofferenza atavica ai dominatori di qualsiasi sorta già notata da Bakunin, per la sua tradizione contadina ed il forte legame con la terra quale fonte di ogni vita; tutto ciò ovviamente ha avuto la sua influenza, ma sono condizioni che storicamente si sono presentate in altre epoche ed in altre aree geografiche e non hanno prodotto risultati simili. In quella esperienza fu presente un detonatore, un catalizzatore di aspirazioni confuse, un convogliatore di bisogni altrimenti senza una prospettiva: un’organizzazione di compagni già da lungo tempo militanti, con una lunga preparazione pratica nelle lotte e teorica nelle fasi di riflessione e con un punto di riferimento certo nella forte personalità di Néstor Ivánovič Machnò (1889-1934).

Nestor Makhno

Due, comunque, sono i tratti distintivi dell’esperienza machnovista: uno riguarda il ruolo peculiare che in essa giocò l’avanguardia rivoluzionaria ed il secondo la riflessione seguita alla sconfitta.

Si è detto che per il comunismo anarchico l’avanguardia non svolge nel processo rivoluzionario un ruolo di direzione, ma solo quello di orientamento dall’interno del processo, prevenendolo dalle deviazioni che esso potrebbe subire, sia per poca chiarezza delle masse coinvolte, sia, e soprattutto, per le ricette errate che, iniettate dall’esterno, potrebbero far cagliare l’intero sviluppo. Nel caso della rivoluzione ucraina l’avanguardia comunista anarchica accentuò in modo particolare il secondo aspetto, fino ad assumersi il compito più ingrato dell’intera storia, ruolo ritenuto a ragione necessario: la formazione di un esercito di difesa. Questa scelta, per altro inevitabile, fece sì che i compagni militanti più esperti, quali Machnò, furono più un punto di riferimento ideale, che un autentico corpo inserito nel pieno dell’evoluzione sociale che aveva luogo: ciò avvalorò da un lato l’idea che lo sviluppo spontaneo delle masse, non deviato da ideologie proponenti modelli che si autoproclamano solutori di ogni problema e quindi sedicenti scientifiche, assumeva naturalmente una tendenza collettivista ed autogestionaria; dall’altro, fungendo proprio da barriera fisica ad ogni intromissione esterna, apparve con tutta chiarezza l’idea che i nemici della rivoluzione erano esterni, sia i controrivoluzionari, che coloro che si proponevano quale unico partito rivoluzionario del proletariato, dando in questo caso una veste visibile, palpabile al ruolo di salvaguardia dell’integrità del processo rivoluzionario rivestito dall’avanguardia comunista anarchica.

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Purtroppo le difficoltà esterne (guerra civile che vide il fronte principale proprio in Ucraina, il sacrificio della regione operato dal governo bolscevico nella pace di Brest-Litovsk con il conseguente arrivo delle truppe tedesche, l’ostilità dei bolscevichi ad un esperimento che inficiava le loro tesi dello stato operaio e del partito guida) resero precaria ogni realizzazione della rivoluzione, come pure ogni continuità territoriale e cronologica, minando le possibilità di riuscita. Gli accordi tra l’esercito machnovista e l’Armata Rossa di Lev Davidovič Trotskij, per battere i vari generali bianchi che si affacciarono minacciosi sul territorio (Anton Ivanovič Denikin, Pëtr Nikolaevič Vrangel’, etc.), non furono un atto di fiducia nei confronti del governo centrale di Mosca, quanto tentativi di affrontare un nemico alla volta, partendo da quello più minaccioso e prossimo. Lo scontro con i bolscevichi fu rimandato ad un secondo momento, in quanto essi erano più distanti, non ancora insediati socialmente, con pesanti contraddizioni con le masse contadine di tutta la Russia, con divisioni all’interno del partito e una parte della base militante (marinai e operai) potenzialmente più vicina alle tesi degli anarchici; d’altra parte Lenin aveva gestito la rivoluzione di Ottobre con un pesante equivoco, in quanto la parola d’ordine Tutto il potere ai Soviet!, con cui nell’aprile del 1917 aveva scompaginato le idee stantie del partito bolscevico stesso, era di provenienza anarcosindacalista ed era proprio quella che aveva consentito a larghi strati di movimento operaio di aderire alle tesi del partito stesso. Questo fu però lo scontro esiziale per il movimento, e la riflessione sul perché della sconfitta fu oggetto di un’attenta riconsiderazione che portò il gruppo dei fuoriusciti anarchici russi a Parigi a proporre la Plate-forme d’organisation de l'Union Générale des Anarchistes – Projet, di cui già si è detto.

Nestor Makhno poco prima della sua morte

L’analisi era semplice e profonda. I bolscevichi avevano vinto perché godevano di un’organizzazione compatta, ben orientata e ramificata su tutta l’area investita dalla rivoluzione; gli anarchici divisi in piccoli gruppi, spesso in disaccordo tra di loro, senza un progetto comune non potevano dispiegare lo stesso volume politico e la machnovicina rimase isolata (come già la Comune di Parigi) e fu facile al partito di Lenin stringerle metodicamente il cappio al collo. L’organizzazione dei comunisti anarchici era divenuta ormai un tema ineludibile.

 


2.3. Spagna (1936-1939; il progetto)

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