COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

2.3. Spagna (1936-1939; il progetto)
 

La rivoluzione spagnola fu anticipata dal pronunciamento del generale Francisco Franco, che costrinse le organizzazioni operaie (CNT in testa) ad accelerare i propri programmi. Nonostante ciò i comunisti anarchici (CNT-FAI) non furono colti impreparati. Pochi mesi prima, al suo congresso di Saragoza, la CNT aveva approvato il programma del comunismo libertario, che segnava la via da percorrere per giungere alla società di liberi ed uguali. E quindi, nelle zone dove la sua influenza sul proletariato era più profonda, iniziarono subito le esperienze di collettivizzazione della terra, dell’industria e dei servizi, che produssero un abbozzo di società autogestita con risultati davvero rilevanti. È il caso di sottolineare che il radicamento territoriale del sindacato era più profondo proprio laddove lo sviluppo economico era più avanzato, come in Catalogna, il che costituisce una controprova evidente della teoria fantasiosa dei marxisti, per altro priva di un qualsiasi supporto di analisi teorica o ricerca storica, che l’anarchismo avrebbe possibilità di insediarsi solo nelle zone rimaste ad uno stato primitivo di sviluppo (contadini e piccoli artigiani) e verrebbe eclissato dal progresso.

Columna de Hierro poster. "Land worker, the revolution will give you the land!"

Per vastità e durata l’esperienza spagnola è paragonabile a quella dell’Ucraina, ma ha goduto senza dubbio di una continuità cronologica e geografica di gran lunga più significativa, tanto da costituire ad oggi l’esempio più ragguardevole di realizzazione del comunismo anarchico. Ciò non è sorprendente alla luce di quanto detto sopra circa la presenza nelle file dei militanti di un progetto preciso e dettagliato, e alla luce della lunga preparazione rivoluzionaria che il proletariato spagnolo aveva accumulato all’epoca dei fatti e, infine, del fatto che la CNT rappresentava non solo l’ala più radicale e cosciente al suo interno, ma anche quella che godeva del miglior insediamento tra le masse.

Perché allora la sconfitta? Tralasciamo il giudizio sull’entrata al governo da parte dei più noti militanti dell’anarchismo, prima in Catalogna, poi in quello centrale: è possibile che sia stato un errore, ma non ebbe certo un’influenza determinante sullo svolgersi degli avvenimenti: primo perché, quando queste scelte furono fatte, ormai il destino della Repubblica era segnato e secondo perché, se esse non furono in grado di garantire le conquiste della rivoluzione, minacciate da una parte stessa della coalizione repubblicana (stalinisti in testa, garanti in quella fase degli interessi della borghesia spagnola e di quelli di stato dell’URSS), per altro verso non nocquero in nulla agli esperimenti sociali in corso, soprattutto in Catalogna.

Sicuramente la scelta dell’avversario di anticipare i tempi giocò un ruolo considerevole, tant’ è che fu subito militarmente persa Saragozza, dove i comunisti anarchici avevano la maggiore consistenza dell’intero paese. Le divisioni all’interno dei repubblicani giocarono pure un ruolo di rilievo; in particolare la pervicacia con cui il PCE impose la politica dei due tempi (prima la vittoria nella guerra civile e solo successivamente la rivoluzione sociale), anche con la forza, rivolgendo le armi contro le collettività dei contadini anziché contro il nemico esterno.

Tutto ciò, però, non può spiegare completamente quanto accaduto. I comunisti anarchici erano preparati agli eventi, avevano un programma preciso e particolareggiato, disponevano di un vasto controllo sul proletariato, avevano militanti di grande capacità e preparazione. Anche se commisero errori, o a volte mostrarono incertezze, questi non furono tali da pregiudicare il vantaggio di partenza e l’esito della rivoluzione. Ancora una volta fu l’isolamento (anche se in questo caso su scala internazionale) il fattore che giocò il ruolo fondamentale. Le democrazie attorno alla Spagna un po’ per paura della nascente aggressività nazi-fascita (che si sperava di placare con la politica delle concessioni, come l’Inghilterra di Arthur Neville Chamberlain mostrò nel 1938), e un po’ per paura del possibile dilagare delle conquiste rivoluzionarie nei loro paesi (la Francia di Lèon Blum), si limitarono ad appoggi verbali, lasciando campo libero all’intervento militare di Italia e Germania a favore dei rivoltosi franchisti. L’URSS non poteva veder sorgere un polo di attrazione rivoluzionaria, diverso dal proprio, per il proletariato internazionale e correva già verso l’accordo con i nazisti (trattato Ribbentrop-Molotov), che avrebbe firmato proprio in concomitanza al morire di Madrid; e così il suo appoggio fu più formale che sostanziale. I comunisti anarchici accorsero (come altri) in soccorso alla Repubblica nelle brigate internazionali, ma il loro appoggio fu in termini di uomini presenti sul luogo, ma non di estensione dell’esperienza (unica cosa che poteva garantire respiro agli spagnoli), in quanto mancavano ancora una volta di quell’organizzazione generale che sola avrebbe permesso alla rivoluzione sociale di non perire di asfissia.

C’è da aggiungere che l’esperienza delle brigate internazionali, con lo scontro armato all’interno delle forze della repubblica, che oppose drammaticamente comunisti anarchici e stalinisti, fu oggetto di una riflessione distorcente nel movimento libertario e spinse molti militanti, e con essi i giovani che successivamente si accostarono all’anarchismo, ad opporsi fieramente al comunismo realizzato dell’Unione Sovietica e con esso al comunismo in senso lato (senza un’analisi che rendesse ragione della realtà); ciò li portò su di una china lungo la quale finirono addirittura per preferire le democrazie liberali, scadendo spesso nell’anticomunismo più becero e viscerale.

 


3. Perché comunisti: cosa ci accomuna alla sinistra

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