COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

5.3. Lo Stato e la collettività
 

Cresciuti in un’epoca in cui lo Stato borghese espletava con ferocia il proprio ruolo di tutela degli interessi della classe dominante, gli anarchici hanno concepito per questa istituzione un odio profondo e giustificato. Tra l’altro, le loro più fosche previsioni circa il carattere oppressivo della natura dello Stato, in quanto istituzione, sono state avvalorate dagli eventi delle rivoluzioni che i marxisti hanno gestito e dalla storia sovietica in particolare. Il fatto che i comunisti anarchici contestano alle altre correnti dell’anarchismo non è la necessità dell’abolizione dello Stato fin dal primo momento della rivoluzione, ma solo che per la stragrande maggioranza degli anarchici delle altre correnti l’avversione nei confronti dello Stato sia divenuta talmente forte da indurre cecità.

Per molti anarchici, infatti, si è generata una strana inversione di priorità: lo Stato strumento del dominio della borghesia, dominio esercitato ai fini dello sfruttamento e dell'appropriazione di una parte privilegiata dei beni disponibili, è divenuto il primo nemico da battere, persino prima della borghesia che quello strumento ha attivato. Nel frattempo lo Stato, anche sotto la spinta delle lotte del proletariato, ha assunto anche altri ruoli, oltre a quello di gendarme, e questi ruoli, noti sotto il nome di welfare state, presentano sfaccettature molto complicate. Da un lato hanno permesso al padronato di scaricare sulla fiscalità generale (e quindi in gran parte sulle spalle dei lavoratori stessi) parte dei costi derivanti da una maggiore sicurezza e benessere dei ceti meno abbienti; si è scaricato sulla collettività un gravame, reso necessario dalla pressione esercitata dai lavoratori, che in tal modo non veniva ad incidere sul costo del lavoro. Dall’altro, però, queste funzioni hanno operato una seppur minima redistribuzione del reddito a favore dei lavoratori; hanno consentito, come frutto di lotte decennali, una regolazione del conflitto a tutela dei più deboli; hanno dato vita ad istituti sociali, quali l’istruzione, la sanità e la previdenza, ad alto contenuto solidaristico.

Non è quindi un caso se il capitalismo, giunto in un’altra fase del proprio sviluppo storico, fase in cui l’esasperata concorrenza internazionale richiede l’abbattimento dei costi, tende a ridurre le prestazioni sociali (il cui onere grava in parte sulle imprese) ed a far regredire lo Stato a puro guardiano armato dei propri interessi. Proprio l’inversione di ottica subita da molti anarchici impedisce loro di analizzare il fenomeno, di vedere come il nemico principale resti lo stesso di sempre, di constatare come ciò che lo Stato leggero dovrebbe dismettere è quanto invece sarebbe interesse dei proletari preservare: la diminuzione delle funzioni dello Stato, comporta infatti una diminuzione dell’imposizione fiscale per i ricchi ma non per i poveri, il permanere delle funzioni di polizia e la distruzione di quello che un tempo si chiamava salario sociale e differito.

La dismissione da parte dello Stato di settori quali quelli suaccennati e la loro collocazione sul mercato, e quindi nel raggio del profitto, comporta una crescita dei costi per i servizi che difficilmente i lavoratori potranno sopportare, con una conseguente drastica diminuzione del loro livello di vita. Nel non difendere queste prestazioni dello Stato si perde, infine, di vista un altro aspetto essenziale: il ruolo della collettività. La società comunista anarchica non potrà fare a meno di un sistema di tassazione, nel senso che una parte dei beni andranno accantonati per sostenere coloro che non possono contribuire alla produzione essenziale per le proprie necessità: bambini, vecchi, malati, etc. La gestione pubblica di settori quali le già ricordate istruzione, sanità e previdenza avvicina ad una autogestione collettiva degli stessi servizi in una futura società, mentre una loro gestione privatistica, soggetta alla logica del profitto, ce ne allontana. I lavoratori dei trasporti, sindacalmente organizzati, impiegarono poco tempo ad organizzare il servizio nella Spagna rivoluzionaria del 1936; potrebbero fare altrettanto e con eguale naturalezza oggi i lavoratori delle privatizzate ferrovie britanniche? Senza contare che la modifica dei sistemi previdenziali comporta la rottura di quel legame solidaristico tra diverse generazioni di lavoratori, che era garantito dai sistemi a ripartizione.

Per i comunisti anarchici, quindi, la lotta contro la sopravvivenza dello Stato all’evento rivoluzionario, non impedisce di discernere, tra le varie funzioni dello Stato borghese, quelle che servono a garantire il perdurare del dominio di classe (e che non a caso i capitalisti tendono a conservare e rafforzare) e quelle nate da un compromesso nello scontro delle classi e che garantiscono un minimo di benessere alla classi subalterne (e che non a caso i capitalisti vogliono oggi abrogare). Se la borghesia tende ad una revisione dello Stato, lo fa in coerenza ai propri interessi ed è ben difficile che questi coincidano con quelli dei lavoratori.

 


5.4. I mezzi

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