Teoria dei Comunisti Anarchici
La storia del processo rivoluzionario
Su questa base principale nasceva infatti la 1a Internazionale e su questa base essa sanciva la crescita della coscienza degli sfruttati in quanto classe e delle prerogative autonome di questa classe.
La nascita della 1a Internazionale (1864) fu nello stesso tempo un punto di arrivo ed un punto di partenza. Punto di arrivo perché nella ricerca della solidarietà nella lotta, fra sfruttati, si realizzava la composizione degli sfruttati in classe.
Punto di partenza perché la classe, saldamente costituita si, iniziò una ricerca drammatica di un suo ruolo storico positivo.
Il primo ostacolo che l'Internazionale spazzò via fu tutto il bagaglio borghese che serviva a spezzettare la classe, a priori, in tante categorie. Gli sfruttati si riconoscevano, per forza di cose, come una collettività unita dalla propria posizione sociale, a priori.
Questa era la base prima su cui si dovevano basare le tattiche di lotta delle varie situazioni, a posteriori. Questo il grande significato dell'internazionalismo e della necessità di organizzarsi, entrambi maturati nei fatti delle lotte precedenti. E proprio da questi fatti concreti, la parte più cosciente degli sfruttati lanciava il messaggio della propria identità di classe autonoma e contraddittoria al capitalismo.
Sull'onda di questa acquisizione, si tendeva a non partire all'attacco diretto e pregiudiziale alle discriminanti di credo politico e religioso. Questo perché la classe stava percorrendo i primi passi sulla strada della coscienza rivoluzionaria ed aveva gran bisogno di sentirsi classe, di acquisire la coscienza della propria identità; né poteva essere altrimenti. La pratica fondamentale su cui si basava l'Internazionale era la lotta di massa contro le forme dello sfruttamento; le esigenze erano ancora quelle di poter essere classe.
Infatti, la coscienza di una propria autonomia di identità sociale andava di pari passo con la difesa fisica dallo sfruttamento, che sgretola la forza di una classe, la divide e le impedisce di riflettere sui suoi compiti. Un salto qualitativo già consisteva nella ricerca di poter essere fisicamente non più fine a se stesso, ma finalizzato ad una integrità sociale, cioè anche politica oltre che economica.
Si era ancora a livello abbastanza intuitivo, anche se si trattava di una acquisizione di fondo che conteneva in sé le possibilità di crisi della coscienza primitiva dell'Internazionale.
Il modo con cui la classe degli sfruttati si riconosceva era un modo libertario. La tendenza genuina che aveva portato alla formazione della 1a Internazionale era quella dell'unità alla base, delle inesistenza di rappresentanti istituzionali della classe. Questa tendenza fu la grande sperimentazione che gli sfruttati tentarono per darsi una coerenza interna, per sancire la loro posizione contro ogni forma di dominio dell'uomo sull'uomo e per sviluppare tutte le sue potenzialità creative di lotta. La libertà era il contenuto reale della lotta al supremo autoritarismo del capitale, ma questo concetto fondamentale veniva sentito ancora a vari livelli di coscienza: dal più completo, a quello, comune a tutti, di una misurata e sana sete di essere liberi. La sete di una classe che si riconosceva diversa ed antitetica all'autoritarismo e che si organizzava come una umanità diversa, più matura, come un nuovo modo di essere dell'umanità.
Sono cose molto grosse, ma nell'Internazionale vivevano nelle speranze, nelle azioni, nelle indicazioni e nei modi di decidere. Tutte queste cose erano il patrimonio di ampi strati delle masse sfruttate ed era nell'aria il bisogno e la ricerca di una verifica più ampia e profonda.
La Comune di Parigi del 1871 fu un episodio che si sviluppò, mise in evidenza la realtà della nuova coscienza delle masse e, nello stesso tempo, espresse grossi limiti relativamente meno evidenti della 1a Internazionale.
Nella Comune, la classe si espresse come tale solo in seguito ad una serie di avvenimenti e di suoi atteggiamenti parziali, e non perché essa stessa aveva deciso di scatenare gli avvenimenti con uno scopo preciso. Infatti nella Comune vennero a determinarsi momenti di scontento popolare in cui agivano anche frange della piccola e media borghesia e soprattutto forme organizzative che risentivano molto della dirigenza borghese della rivoluzione dell'89.
Le masse sfruttate diedero però la nettissima impronta della loro creatività e della loro ricerca di libertà a quello che si fece, per cui si può parlare di un tentativo importante, da parte loro, di affermare quei contenuti di cui erano portatrici.
La Comune era un episodio che richiedeva una alternativa di governo, con tutte le capacità che si richiedevano a chi la deve gestire. Il governo alternativo fu solo abbozzato. Le intuizioni di base c'erano, ma non c'era la coscienza sufficiente. Ritroviamo in questo episodio i contenuti principali che erano alla base dell'Internazionale anche se in forme diverse. C'era bisogno infatti, che la sete di libertà fosse espressa sotto forma di proposte concrete, di concrete forme sociali: nell'amministrazione, nella produzione e nella vita politica. Perché fossero realizzate tutte queste cose, era necessario che l'unica classe che le stava maturando fosse prima di tutto chiara al suo interno, sostanzialmente compatta e quindi capace di aggregare gli scontenti. In quell'episodio invece questa classe era ancora in fase di definizione.
Possiamo quindi fare due tipi di considerazioni: le prime riguardano la conferma delle basi su cui andava crescendo la coscienza di classe; le seconde riguardano cosa richiedeva la realtà di fatto perché la classe rivoluzionaria la strutturasse in base ai suoi principi.
La conferma riguarda l'alternativa per cui gli sfruttati si battevano più o meno coscientemente, la quale fu chiaramente vista come un'alternativa libertaria rispetto all'intera organizzazione della società.
Gli sfruttati si mossero infatti negando apertamente le istituzioni autoritarie capitalistiche insieme al comando dell'uomo sul lavoro dell'altro uomo e quindi della distribuzione sociale delle risorse della produzione. Questo fu chiarissimo.
In alternativa a questo, fu sentita la necessità di realizzare forme libertarie di governo dell'economia e della vita pubblica. Gli sfruttati erano ormai sulla sponda opposta degli sfruttatori; il loro problema era ormai quello di realizzarsi in positivo, parallelamente alla distruzione dei loro nemici. La Comune di Parigi fu qualcosa di molto importante per i rivoluzionari e tutte le masse di sfruttati dell'epoca; questo perché era la dimostrazione delle capacità della classe rivoluzionaria, della sua inequivocabile avversione rispetto all'economia del capitale, alle sue forme autoritarie di governo.
Chi veniva privato della libertà sociale si era dimostrato capace di volerla, perseguirla e soprattutto perseguirla libertariamente.
Nella grande creazione rivoluzionaria c'era posto per tutti quelli che cercavano la libertà sociale, essa si nutriva dell'apporto di tutti coloro che non perseguivano secondi fini. Ma la Comune fu soffocata nel sangue; non fu certo perché le fosse contro tutta l'umanità, anzi il contrario. La borghesia aveva ingaggiato un combattimento mortale con il suo mortale nemico: la classe proletaria, ed aveva vinto. Aveva vinto perché il proletariato non aveva ancora articolato a sufficienza la sua coscienza e spesso non l'aveva neanche sviluppata, e inoltre la chiarezza necessaria non era stata sufficientemente espressa in forme organizzative coerenti e stabili.
In questo primo episodio le masse avevano manifestato determinati contenuti e metodi per realizzarli in forme precarie e senza darsi delle sufficienti strutture di organizzazione ed articolazione di questi metodi e contenuti; infatti la 1a Internazionale scontava la sostanziale inesistenza di partiti politici che si ponessero correttamente all'interno della classe, e quindi la mancanza di una organizzazione di massa equilibrata nel suo rapporto con il processo di coscientizzazione politica. Cioè, i partiti e le correnti politiche esistevano, ma, soprattutto i rivoluzionari libertari, erano ancora alla ricerca di un rapporto corretto fra minoranza agente e massa, fra lotta economica e coscienza politica. Né poteva essere diversamente, dato che l'organizzazione politica ed il rapporto conseguente fra lotta economica e presa di coscienza politica delle masse non potevano essere risolti sulla scorta della sola capacità delle avanguardie. La storia ha dimostrato che questi problemi -e soprattutto quello della funzione dell'organizzazione politica- sorgono dalle esperienze di massa, e solo la coscienza maturata storicamente nella pratica delle masse può contenere i germi per la loro soluzione. In quell'epoca qualsiasi militante avanguardia non aveva alle sue spalle una sufficiente esperienza di massa che gli potesse dare un senso ed un ruolo preciso.
Questo è basilare. Prova ne sia il fallimento anche delle correnti autoritarie che pretendevano di unire le masse su basi che tra le masse non avevano storia e che quindi le stesse non avevano maturato.
Dopo l'esperienza della 1a Internazionale, certi problemi divennero di attualità perché la classe li aveva messi a nudo e, nello stesso tempo, aveva fornito una prima serie di elementi risolutori, emersi nei contenuti delle lotte. Qui può riallacciarsi la Comune, che aveva posto drammaticamente questi problemi, mancando il proletariato di Parigi di una sua reale organizzazione politica e di una struttura di massa per la lotta e l'alternativa sociale libertaria da costruire sopra le rovine della società borghese.
Con la decadenza della 1a Internazionale e la caduta della Comune si chiudeva un periodo fondamentale della storia rivoluzionaria, in cui gli sfruttati si erano definiti come classe sociale e riconosciuti rivoluzionari nella pratica della lotta. Chiarissima era anche l'indicazione sui contenuti di fondo espressi e sui metodi relativi.
I contenuti vertevano sull'abolizione totale e immediata di qualsiasi forma di autoritarismo; i metodi relativi vertevano sul rifiuto dell'autorità precostituita e istituzionalizzata, a partire dall'interno del fronte rivoluzionario. Dopo l'esito della rivoluzione borghese, gli sfruttati indicavano, senza mezzi termini, il passaggio ad una forma sociale libertaria.
Con questi primi importanti episodi, si può dire che è iniziata la storia pratica della coscienza rivoluzionaria di massa. Essa aveva già posto degli importanti punti fermi e dei grossi problemi, la cui soluzione doveva permettere la rivoluzione sociale coerente ai principi della libertà interna al fronte rivoluzionario, e della libertà nella nuova organizzazione sociale. Inoltre, all'interno di questi primi episodi rivoluzionari, la coscienza dei contenuti e dei problemi di fondo era stata acquisita in maniera particolare da minoranze di militanti di classe. Parte di queste minoranze cercavano di salvare questi contenuti nel periodo di riflusso, per poter riproporli alle masse in nuove esperienze di lotta. La coscienza rivoluzionaria acquisita dalla classe nei momenti più alti della sua autonomia cercava di continuarsi nelle frange più all'avanguardia, che si qualificavano in quanto tali proprio a misura della fedeltà e della precisione con cui esprimevano la coscienza acquisita in precedenza dalle masse rivoluzionarie e la necessità di una realizzazione coerente delle loro aspirazioni.
Proprio in base a questi requisiti, le avanguardie prodotte dalle esperienze e dalla coscienza delle masse, avrebbero dovuto ritornare continuamente ad esprimersi in esse. Ma le minoranze rivoluzionarie che erano andate definendosi a causa di precise necessità del processo rivoluzionario e della coscienza di massa, avevano ancora bisogno di ulteriori indicazioni pratiche della classe stessa, per precisare il proprio ruolo rispetto ad essa e quindi al processo rivoluzionario.
Infatti le organizzazioni politiche che si rifacevano al proletariato, fino al grande episodio rivoluzionario del primo ventennio del '900 -espressosi in Russia con la più alta incidenza e chiarezza- si richiusero su se stesse alla ricerca disperata di una propria identità; ciò portò a ricercare le cause del fallimento rivoluzionario precedente esclusivamente nelle proprie carenze in quanto avanguardie.
Di conseguenza, queste avanguardie politiche tesero a porsi come misura centrale e prioritaria della coscienza di classe -tralasciandone la fondamentale espressione di massa- e ponendosi come luoghi in cui principalmente doveva maturare la capacità di fare la rivoluzione.
Questo significava rimasticare gli avvenimenti passati, spesso ideologizzandoli, ideologizzando spesso anche il proprio ruolo di avanguardia politica e muovendosi nella ricerca di una propria teoria e pratica autonoma in assoluto, invece che in relazione alla coscienza di massa. Quando le masse avevano agito soprattutto alla ricerca di una propria identità assolutamente autonoma -cioè autonoma in sé- questo era stato un passo avanti per il processo rivoluzionario; quando invece questa autonomia assoluta l'hanno ricercata le minoranze rivoluzionarie, si è trattato di un fatto non direttamente né automaticamente positivo. Perché c'è stato del bene nel fatto che se queste organizzazioni non avessero iniziato a ricercare una propria autonomia, non avrebbero poi in seguito potuto pensare a definire la propria autonomia come specificità del ruolo rispetto e in dipendenza di quello della coscienza storica di massa, divenendo così dialettiche con le masse rispetto alla coscienza storica delle masse e non dell'avanguardia; c'è stato invece del male nel fatto che sul momento le organizzazioni politiche tesero ad allontanarsi piuttosto che ad avvicinarsi alle masse. L'unica spiegazione reale è appunto quella che le masse stesse non avevano fatto la chiarezza necessaria per definire una loro coscienza storica sufficiente a determinare chiaramente i modi articolati e dialettici del suo stesso sviluppo futuro.
Importantissimo al proposito fu l'episodio rivoluzionario russo che anticipava, in forma più completa, esperienze ed analisi più parziali avvenute nello stesso periodo in altre nazioni europee ed americane.
In Russia, gli sfruttati espressero direttamente la loro volontà e determinazione di agire come classe autonoma e, partendo da rivendicazioni parziali fino ad arrivare a obiettivi di rivoluzione sociale, di organizzarsi e strutturarsi come struttura sociale alternativa.
Il senso degli organismi di massa autogestiti per lottare e per assumersi la continuità della vita in forme sociali radicalmente nuove, era proprio quello di creare un nuovo governo della società.
Troviamo qui degli elementi di fondo. I metodi libertari dell'autogestione e della non delega istituzionale del potere erano intimamente connessi alla pratica dell'autonomia della classe rivoluzionaria; inoltre le masse tendevano ad assumere sotto il loro diretto controllo la gestione globale della rivoluzione sociale. Questo significava che la classe, in prima persona, tendeva ad assumersi la coscienza complessiva della fusione fra economia e politica, fra apparato produttivo ed apparato politico-amministrativo.
Quella coscienza che si era espressa in forme primitiva con gli episodi rivoluzionari del periodo della Comune e della 1a Internazionale, si esprimeva adesso con maggiore chiarezza e capacità di realizzarsi organizzativamente. La classe aveva organizzato la sua autonomia in organismi autogestiti; in essi ed attraverso essi aveva lottato contro le classi dominanti e si era posta nella prospettiva pratica di ricostruire diverse e funzionanti strutture sociali.
Ma, questa coscienza pratica di massa non si manifestò in forme omogenee in tutta la classe e spesso, dove si manifestò nelle forme più avanzate, non ebbe il tempo e lo spazio per riflettere su se stessa ed acquisire il ruolo cosciente di guida degli atti rivoluzionari che si andavano compiendo. Non si trattava di proiettare all'esterno della classe la sua stessa coscienza, per farla vivere meglio e crescere sulla contemplazione di sé, ma piuttosto di creare, all'interno del proletariato, quegli spazi e quella consapevolezza necessari a far sì che ogni suo atto oggettivamente rivoluzionario fosse acquisito nella coscienza dell'attore come scelta soggettiva -cioè che le masse divenissero consapevoli del contenuto autonomo dei propri atti, in quanto capacità creativa che unificasse azioni passate, presenti e scelte future. Mancava una specifica funzione della coscienza pratica di massa che la completasse, esprimendone il senso complessivo; una funzione che avesse come programma l'espressione della coscienza già esistente nelle creazioni degli organismi di massa.
Il modo in cui fallì l'episodio russo sta a dimostrare due cose: la necessità di una organizzazione specifica del proletariato in quanto classe rivoluzionaria e la necessità che questa organizzazione si identificasse con la coscienza delle masse rivoluzionarie. Infatti, in Russia si affermò il leninismo perché all'inizio si pose in forma di organizzazione specifica del proletariato, anche se poi mostrò di avere tutt'altra coscienza di quella proletaria.
Le masse avevano realizzato forme avanzate di coscienza rivoluzionaria pratica in alcuni casi, ma la mancanza di un potente diffusore di questa coscienza ne impedì la naturale generalizzazione a tutta la classe lasciandola, nella gran maggioranza dei casi, in posizione difensiva e scarsamente cosciente del valore e del senso storico di quello che faceva. Queste carenze del movimento rivoluzionario russo si espressero, anche se in forma più parziale, in tutti gli episodi di lotta anticapitalistica dell'epoca.
Gli insegnamenti della rivoluzione russa sono semplici e chiari: il proletariato tendeva a muoversi come soggetto autonomo della rivoluzione sociale ma, nello stesso tempo, necessitava ancora di una espressione corrispondente alla realtà di questa sua coscienza.
Accanto alla organizzazione di massa del proletariato doveva nascere una organizzazione specifica della classe, sua emanazione reale e non presunta.
Negli anni '30 maturava in Spagna un episodio rivoluzionario importantissimo. In questo paese la coscienza rivoluzionaria e libertaria del proletariato era sensibilmente più avanzata che non in Russia; di conseguenza si arrivò ad una espressione rivoluzionaria molto matura a livello specifico delle masse come pure a livello del rapporto fra organizzazione di massa ed organizzazione di specifico della classe. Se in Russia si era trattato della sostanziale non incidenza dell'organizzazione specifica, qui si trattava invece di problemi molto avanzati sul ruolo dell'organizzazione specifica in rapporto all'organizzazione di massa.
L'episodio rivoluzionario spagnolo era stato espresso da un proletariato cosciente a tal punto da porre concretamente il problema dell'integralità della rivoluzione, e quindi della sua integrità.
Si era arrivati ad un tale grado di realtà del processo rivoluzionario da porre questo problema in termini di scelte operative a effetto immediato e non tendenziale, per cui tutti gli organismi rivoluzionari -specifici e di massa- erano chiamati ad una coerenza e coordinazione molto grossi. Bisogna osservare due fatti: il proletariato spagnolo aveva vissuto momenti di espressione autonoma molto ampi, stabili e duraturi ed inoltre, in questi momenti, aveva manifestato una grande coscienza del proprio ruolo rivoluzionario. Al governo capitalistico ed autoritario della società erano state sostituite forme libertarie di organizzazione sociale, le quali mostravano grande capacità di realizzare nei fatti una società libertaria, basata cioè sulla realizzazione del comunismo anarchico.
Quando l'episodio rivoluzionario sfociò nella sconfitta completa, erano molti ed importanti gli insegnamenti da trarre, sia in termini positivi, sia in termini problematici o negativi. Non si poteva certo parlare di fallimento della rivoluzione proletaria perché la sua scarsa coscienza e la carente espressione politica avessero impedito agli sfruttati di entrare nella sfera degli attori soggettivi del processo. Il fallimento in Spagna -o almeno i tempi ed i modi con sui esso avvenne- era derivato, in grandissima misura, in prima persona dagli organismi proletari. Questi organismi proletari erano costituiti da una organizzazione di massa -determinata realmente dalla coscienza e dagli interessi diretti di massa- che raccoglieva gli sfruttati rivoluzionari in misura massiccia, e da una organizzazione specifica oggettivamente legata -sia attraverso i suoi componenti, sia attraverso la comune matrice politica- all'organismo di massa.
Entrambe queste organizzazioni agivano nella lotta di classe in due modi:
I militanti dell'organizzazione di massa erano espressi dalle aspirazioni degli sfruttati e dalle loro lotte e, trattandosi di una classe ampiamente cosciente del senso libertario ed autonomo della sua lotta rivoluzionaria, si trattava di militanti molto coscienti del significato politico e sociale delle loro azioni. Le stesse azioni dell'organismo di massa erano fortemente imbevute della necessità di costruire un'alternativa sociale e della globalità di questa alternativa. Il fatto che i militanti di massa si rifacessero quasi tutti ad una teoria di stampo anarchico non costituiva un elemento esterno alla coscienza di massa, ma una sua componente omogenea.
Questa situazione faceva sì che l'organizzazione specifica, che si rifaceva all'anarchismo, avesse una posizione già naturalmente organica alla coscienza di massa esistente. Di conseguenza, l'organizzazione specifica aveva davanti a sé compiti molto precisi di estendere, precisare ed attivare una coscienza pratica di massa rivoluzionaria e libertaria. Tra questi compiti il più importante riguarda il senso politico rivoluzionario da proporre agli organismi di massa e la salvaguardia dei legami vitali fra masse e relative strutture organizzative. Questo doveva dare a tutti i militanti di massa la possibilità di trovare un senso alla propria attività che fosse strettamente coerente ad essa. Scopo ultimo di tutto ciò sarebbe stato quello di assicurare stabilità organizzativa ed efficacia alla creatività della classe ed un'azione di estensione ed unificazione della sua coscienza più avanzata.
In questo quadro era relativamente facile che si commettessero errori, perché alla complessità della situazione delle organizzazioni rivoluzionarie si univano le difficoltà oggettive per la realizzazione della rivoluzione e, infine, la scarsità di esperienza precedenti così avanzate sulla strada della rivoluzione.
Il primo grosso problema riguardò i rapporti fra organizzazione di massa ed organizzazione politica. Ci furono delle notevoli carenze perché l'organizzazione politica non svolse correttamente il suo compito di rifarsi coerentemente ai principi rivoluzionari storici del proletariato e di impedire ai suoi militanti presenti nell'organizzazione di massa di farlo a loro volta. Ci furono delle confusioni sul rapporto fra teoria, strategia e tattica.
La carenza di fondo nel rapporto fra l'organizzazione di massa e l'organizzazione specifica si espresse in due forme particolari.
Una riguardò l'atteggiamento dell'organizzazione politica, che non esercitò realmente la sua funzione autonoma nei confronti della coscienza pratica espressa dalla classe e che spesso scambiò delle necessità od opportunità tattiche da valutare attentamente, con la necessità storica di rivedere importanti fondamenti strategici; oppure pretese di poter maneggiare gli avvenimenti con tattiche contraddittorie alla strategia rivoluzionaria, che pensava poi di piegare ai principi che le stesse avevano negato nei fatti. Un'altra riguardò l'atteggiamento di molti militanti dell'organizzazione di massa che, anche per l'assenza di un'azione corretta e completa dei militanti dell'organizzazione politica, invece che cercare di realizzare questa azione nel suo ambito specifico e proporre decisioni politiche complessive derivandole dal necessario respiro storico della teoria, presero spesso queste decisioni derivandole da necessità contingenti distorte nella loro importanza reale.
Il secondo grosso problema riguarda il ruolo che assunsero gli organismi esecutivi di entrambe le organizzazioni. Non si sa fino a che punto certi errori sopra espressi siano imputabili soltanto ad ignoranza politica, oppure al fatto che organismi esecutivi si trasformarono in organismi politici, ovvero organismi politici si assunsero attribuzioni decisionali che non avevano. A questo s'intreccia il problema della scarsa ed intempestiva informazione di tutti i componenti di un'organizzazione interessati ad una decisione.
Tutti problemi enormi connessi alla realizzazione dell'ipotesi organizzativa libertaria. Certamente questi tipi di carenze impedirono -sia nella CNT che nel rapporto CNT-FAI- che le masse svolgessero completamente quel compito vitale di valutare correttamente le scelte in un periodo rivoluzionario. Questo a maggior ragione, per l'avanzato stadio di coscienza in cui si trovavano le masse stesse.
Noi ci poniamo come partito rivoluzionario.
La nostra funzione deriva dalla coscienza storica rivoluzionaria delle masse ed i nostri contenuti sono i suoi contenuti.
Attraverso la nostra azione, negli episodi rivoluzionari che si esprimono di volta in volta, cerchiamo di riportare nelle masse i nostri contenuti e di rendere così operante in esse la coscienza rivoluzionaria storica del proletariato. Per questo noi apparteniamo a questa coscienza storica ma, nello stesso tempo, abbiamo una nostra specificità. Siamo perfettamente coscienti di essere necessari alla realizzazione della rivoluzione sociale, ma sappiamo anche che non siamo sufficienti per questo scopo. Infatti la nostra funzione è derivata da necessità precise formatesi durante gli episodi rivoluzionari, necessità di propagare e difendere la coscienza rivoluzionaria delle masse, perché solo le masse possono metterla in pratica.
Consapevoli di ciò, dobbiamo svolgere con molta attenzione il nostro compito specifico. Infatti, se è vero che non esisteremmo come minoranza agente se non si manifestasse la coscienza rivoluzionaria di massa, è pur vero che siamo nati per un nostro atto di consapevolezza e volontà. Grazie a questa capacità di autonomia dei militanti più coscienti, la coscienza di massa ha possibilità di continuarsi.
Portare avanti il nostro compito rivoluzionario richiede ancora un corretto esercizio della nostra consapevolezza, perché non esiste alcun meccanismo, al di fuori della realtà storica in cui ci muoviamo, che garantisca automaticamente la correttezza delle nostre azioni.
Se così fosse, non avrebbe senso la necessità che esista una minoranza agente con dei compiti parziali nel processo rivoluzionario. Noi possiamo sbagliare e per questo dobbiamo porre attenzione
ad ogni atto che decidiamo. In questo compito ci aiutano i nostri stessi contenuti, che perseguiamo, ed il continuo confronto con le masse, le quali, a mano che recepiscono, attraverso noi, il senso delle precedenti esperienze rivoluzionarie, sono sempre più coscienti del proprio ruolo rivoluzionario. Attraverso questa continua attenzione, noi possiamo arrivare a realizzare i contenuti che ci ha consegnato il proletariato nella sua storia, nel proletariato della nostra particolare realtà storica, permettendo che il vero soggetto rivoluzionario pensi ed agisca in quanto tale.
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