VERSO UNA NUOVA RIVOLUZIONE
Introduzione
di Pier Francesco Zarcone
La scelta di vari esponenti anarchici di partecipare al governo della repubblica, in Catalogna prima e a quello di Madrid poi - contestatissima nel movimento anarchico internazionale, e non mandata giù facilmente da molti militanti spagnoli - a voler essere "neutri" o possibilisti poteva anche essere vista in termini "pragmatici", tenendo conto della particolare situazione della Spagna dell'epoca, e dell'essersi venuti a trovare gli anarchici a far parte di un fronte antifascista. Tale scelta avrebbe potuto anche costituire una tattica spregiudicata al fine di sviluppare poi, dall'interno del governo, un'azione dirompente volta a sostenere il corso della rivoluzione, per bloccare/sabotare/boicottare le iniziative ad essa contrarie. Pur con tutti i rischi inerenti ad una siffatta operazione, che tuttavia - essendo tattica - avrebbe dovuto consentire ogni libertà di manovra agli anarchici, dentro e fuori dal governo.
Disgraziatamente gli anarchici al governo, e gli apparati di CNT/FAI si sono mossi successivamente nel segno di una fedeltà totale al governo, di una lealtà e buona fede a cui ha fatto riscontro l'atteggiamento del tutto opposto dei comunisti stalinisti. Di modo che, per il modo in cui fu concretizzata - dentro e fuori dal governo - durante tutta la guerra civile, la scelta governativa si rivelò esiziale per il movimento anarchico spagnolo. Del malcontento che si accumulava a tutti i livelli si fece interprete il 4 novembre 1936 Buenaventura Durruti, di cui la radio di Barcellona trasmise il un discorso di estrema durezza:
"Lavoratori della Catalogna: Mi rivolgo al popolo catalano, a questo popolo generoso che quattro mesi fa seppe disfare la barriera dei soldatacci che volevano sottometterlo sotto i loro stivali. Vi porto un saluto dei fratelli e dei compagni che lottano sul fronte d'Aragona ad alcuni chilometri da Saragozza, e ne stanno vedendo le torri della Pilarica. Nonostante la minaccia che incombe su Madrid, bisogna avere presente che c'è un paese in piedi, e niente al mondo lo farà retrocedere. Resisteremo al fronte d'Aragona, davanti alle orde fasciste aragonesi, e ci rivolgiamo ai fratelli di Madrid per dir loro di resistere, perché i miliziani della Catalogna sapranno compiere il loro dovere, come quando si lanciarono nelle strade di Barcellona per schiacciare il fascismo. Le organizzazioni operaie non devono dimenticare quale deve essere il dovere imperioso del presente. Al fronte, come nelle trincee, c'è un pensiero, un solo obiettivo. Si guarda fisso, si guarda avanti, con solo il proposito di schiacciare il fascismo. Chiediamo al popolo di Catalogna che terminino gli intrighi, le lotte intestine; che vi mettiate all'altezza delle circostanze; lasciate i dissapori e la politica e pensate alla guerra. Il popolo della Catalogna ha il dovere di corrispondere agli sforzi di coloro che lottano al fronte. Non si avrà altro rimedio che la mobilitazione totale; e non si creda che a mobilitarsi debbano essere sempre gli stessi. Se i lavoratori della Catalogna devono assumere la responsabilità di stare al fronte, è arrivato il momento di esigere anche dal popolo catalano il sacrificio anche di coloro che vivono nelle città. È necessaria una mobilitazione effettiva di tutti i lavoratori della retroguardia, perché noi che stiamo già al fronte vogliamo sapere su quali uomini contiamo dietro di noi. Mi rivolgo alle organizzazioni e chiedo loro che si lascino i dissapori e gli sgambetti. Noi del fronte chiediamo sincerità, soprattutto alla Confederación Nacional del Trabajo e alla FAI. Chiediamo ai dirigenti di essere sinceri. Non è sufficiente che ci inviino al fronte lettere incoraggiandoci, e che ci inviino vestiti, cibo, cartucce e fucili. È necessario anche che si rendano conto delle circostanze, che prevedano l'avvenire. Questa guerra ha tutte le aggravanti della guerra moderna e sta costando molto alla Catalogna. Devono rendersi conto i dirigenti che se questa guerra si prolunga molto, bisogna cominciare ad organizzare l'economia della Catalogna, bisogna stabilire un Codice nell'ordine economico. Non sono disposto a scrivere più lettere affinché i compagni o il figlio di un miliziano mangino un pezzo di pane o bevano un bicchiere di latte in più, mentre esistono consiglieri che non hanno un razionamento sufficiente per mangiare e spendere. Ci rivolgiamo alla CNT-FAI per dir loro che se come organizzazione controllano l'economia della Catalogna, devono organizzarla come si deve. E che ora non pensi nessuno ad aumenti di salari e riduzioni di ore lavorative. Il dovere di tutti i lavoratori, specialmente della CNT, è quello di sacrificarsi, quello di lavorare per ciò che è necessario.
Se è vero che si lotta per qualcosa di superiore, ve lo dimostreranno i miliziani che si vergognano quando vedono sulla stampa quelle sottoscrizioni a loro favore, quando vedono quei libelli che chiedono soccorso per loro. Gli aeroplani fascisti ci tirano nelle loro visite giornali su cui si può leggere di liste di sottoscrizioni per i combattenti, né più né meno di quel che fate voi qui. Per questo dobbiamo dirvi che non siamo mendicanti e, pertanto, non accettiamo la carità sotto nessun concetto. Il fascismo rappresenta ed è, in effetti, la disuguaglianza sociale, e se non volete che noi che lottiamo vi confondiamo a quelli della retroguardia dei nostri nemici, compite il vostro dovere. Attualmente la guerra che facciamo serve per schiacciare il nemico al fronte, ma è questo l'unico? No. Il nemico è anche quello che si oppone alle conquiste rivoluzionarie e che si trova tra noi, e che schiacceremo ugualmente. Se volete intercettare il pericolo, si deve formare un blocco di granito. La politica è l'arte dello sgambetto, l'arte di vivere (come parassiti), e questo deve essere soppiantato dall'arte del lavoro. È arrivato il momento di invitare le organizzazioni sindacali ed i partiti politici affinché ciò finisca una volta per tutte. Nella retroguardia si deve sapere amministrare. Noi che stiamo al fronte vogliamo alle spalle una responsabilità ed una garanzia, ed esigiamo che siano le organizzazioni a proteggere le nostre donne ed i nostri figli. Se quella militarizzazione decretata dalla Generalitat è per metterci paura e per imporci una disciplina di ferro, si sono sbagliati. Vi siete sbagliati consiglieri, col decreto sulla militarizzazione delle milizie. Poiché parlate di disciplina di ferro, vi dico di venire al fronte con me. Lì stiamo noi che non accettiamo nessuna disciplina, perché siamo coscienti di compiere il nostro dovere. E vedrete il nostro ordine e la nostra organizzazione. Poi verremo a Barcellona e vi chiederemo della vostra disciplina, per il vostro ordine e per il vostro controllo che non avete.
State tranquilli. Al fronte non c'è nessun caos, nessuna indisciplina. Tutti siamo responsabili e conosciamo il tesoro che ci avete affidato. Dormite tranquilli. Ma noi siamo usciti dalla Catalogna affidandovi l'economia. Responsabilizzatevi, disciplinatevi. Non provochiamo, con la nostra incompetenza, dopo questa guerra un'altra guerra civile tra noi.
Se ognuno pensa che il suo partito sia più potente per imporre la sua politica, si sbaglia, perché di fronte alla tirannia fascista dobbiamo opporre solo una forza, deve esistere solo un'organizzazione, con una disciplina unica. Per niente al mondo quei tiranni fascisti passeranno dove siamo noi. Questa è la consegna del fronte. Ad essi diciamo loro: Non passerete! Ed a voi spetta gridare: Non passeranno!."
Il 4 ottobre Durruti moriva ucciso da una pallottola di provenienza sconosciuta. Il governo di Largo Caballero dette avvio alla ricostituzione dello Stato e allo smantellamento delle conquiste rivoluzionarie, con l'appoggio dei partiti borghesi, dei comunisti staliniani, e con i continui cedimenti degli esponenti del POUM e della CNT-FAI. Nel tentativo di fare fronte a questa deriva sorse il gruppo anarchico denominatosi Agrupación Los Amigos de Durruti; forse il gruppo più calunniato dalle stesse burocrazie anarchiche spagnole, ma che ha concorso a salvare l'onore rivoluzionario della militanza anarchica spagnola. L'opposizione alla militarizzazione delle milizie popolari portò il 17 marzo 1937 alla formale costituzione del gruppo, la cui Junta Directiva era composta nel modo seguente: Segretario, Félix Martínez, delegato di centuria; Vicesegretario, Jaime Balius; Tesoriere, José Paniagua, membro della Delegación de Guerra della IV Agrupación de Gelsa; Contabile, Antonio Puig Garreta, cenetista, del Comité de Guerra della Columna Durruti; Membri: Francisco Carreño, Pablo Ruiz, Antonio Romero, tipografo; Serafín Sobías, delegato della 17 centuria; Eduardo Cerveró, vecchio cenetista, ex deportato a Fernando Poo e membro della Delegación de Guerra della IV Agrupación de Gelsa. L'organo del gruppo fu El Amigo del Pueblo. Los Amigos de Durruti - seppure in termini non esaustivamente elaborati - individuavano come necessaria "cornice istituzionale" e politica del comunismo libertario, la democrazia proletaria ovvero il poder popular, rifiutando ogni compromesso con lo Stato borghese e le forze politiche che lo propugnano, senza vergognarsi di indicare per il trionfo della rivoluzione sociale un percorso coattivo per i nemici esterni ed interni della nuova società.
Durante le famose e tragiche giornate di maggio del 1937, quando Barcelona proletaria insorse contro il tentativo di colpo di mano antianarchico degli stalinisti e delle forze borghesi, gli Amigos de Durruti furono sulle barricate e invocarono invano il passaggio a un'implacabile lotta rivoluzionaria contro tutti i nemici di classe: dovettero subire anzi l'ostilità sempre meno larvata degli apparati della CNT e della stessa FAI, che sconfessarono il gruppo. Lo stesso non può dirsi, per fortuna, del corpo dei militanti cenetisti. La Agrupación Los Amigos de Durruti costituiva un raggruppamento di un certo peso: circa 5.000 persone, ben visti da militanti di prestigio - alcuni dei quali durrutisti - come Gregorio Jover compagno di Durruti, Liberto Callejas, Ada Martí, Maximo Franco comandante della Columna Roja y Negra. El Amigo del Pueblo era finanziato da miliziani combattenti, ed aveva influenza tra i militanti delle Juventudes Libertarias. E non solo: con grande scorno dei vertici cenetisti e faisti il loro intervento censorio, repressivo ed antianarchico suscitò vaste e ufficiali proteste nelle Juventudes Libertarias, in gruppi anarchici e nei sindacati. A gennaio del 1938 Los Amigos de Durruti pubblicarono in qualche migliaio di esemplari un opuscolo di Balius dal titolo "Hacia una nueva revolución", che dava una maggiore precisione al programma del gruppo, costituiva innegabilmente un tappa ulteriore nell'evoluzione teorica durrutista, e fra l'altro conteneva un'impietosa analisi degli avvenimenti dal 1936.
Con la vittoria di Franco iniziò il calvario dei difensori della rivoluzione fuggiti all'estero. Balius inizialmente riparò in Francia, dove riannodò i contatti con i suoi compagni superstiti, formando la Agrupación francoespañola Los Amigos de Durruti, fu in contatto con Louis Mercier-Vega (Ridel) che dette loro spazio sul suo quindicinale Le Réveil Syndicaliste, non condizionato dalle locali burocrazie e satrapie anarchiche, perché cercassero di rompere il muro di menzogne sia dentro sia fuori dal movimento libertario. Nel mondo dell'emigrazione si installava il solito miserabile teatrino degli interessi personali e delle mene politiche e di camarilla, tanto più che c'erano ancora ossa da spolpare: ripartizione di fondi del governo repubblicano in esilio e della SIA (Solidaridad Internacional Antifascista).
Quest'ultimo era controllato dagli anarchici, ma la sezione spagnola sistematicamente negava gli aiuti agli esuli che non appartenessero ai gruppi di García Oliver, Federica Montseny, Germinal Esgleas, ecc., di modo che Los Amigos de Durruti e gli altri oppositori ne restavano fuori. Sulla questione, il gruppo durrutista chiese invano la formazione di un consiglio amministrativo degli emigrati e la consegna ad esso del tesoro spagnolo in mano ai soliti noti.
Successivamente Balius emigrò nella Repubblica dominicana, dove si trovò con altri suoi compagni (Francisco Carreño, Gregorio Jover, Progreso Ródenas, Pedro Quiles) e poi in Messico. Anche qui, come molti altri non opportunisti, visse sostanzialmente in miseria. Ma nonostante tutte le possibili avversità il legame si manteneva saldo fra questi vecchi rivoluzionari, che in qualche modo cercarono di riorganizzarsi e di non spegnere la propria voce. Nel milieu libertario spagnolo, dominato da impotenza, sconforto e camarille, si ebbe una polarizzazione fra un immobilismo teorico/pratico ammantato di ortodossia e un attivismo in chiave collaborazionista con il governo repubblicano in esilio presieduto da Giral, che dette spazio ad opportunismi di ogni genere, con contrapposizioni spiacevoli fra i due schieramenti e soprattutto mandando all'aria il lavoro che gli anarchici della penisola avevano ripreso nonostante la dittatura franchista attorno ad una ricostituita CNT, che nel 1945-46 era arrivata a contare almeno 40.000 affiliati.
In Spagna non mancarono affatto eroici (per taluni stupidi) militanti anarchici che lottarono contro il regime di Franco con la guerriglia urbana, dei quali i più noti sono Sabaté e Facerías, entrambi caduti vittime della polizia. Ma non si pensi che da vivi essi trovassero il dovuto apprezzamento negli apparati all'estero. Neanche a parlarne. Sabaté non fu immune da calunnie da parte dei morti viventi dell'anarchismo iberico: la Montseny lo tacciò di immoralità e gli appioppò il nomignolo di "capitan ragno". E pure Facerías ebbe i suoi problemi. Per la morte di Sabaté il Servicio de Información della Agrupación Los Amigos de Durruti-México pubblicò un commosso necrologio:
"Diamo un gran risalto al gesto eroico dell'anarchico Francisco Sabaté per quello che rappresenta nell'indifferenza del mondo democratico di fronte alla tragedia spagnola. (…) La pagina gloriosa scritta dal popolo spagnolo nel triennio 1936-1939 non è sfumata dal tutto. Fino a che sorgano uomini come Francisco Sabaté, il regime assassino di Franco è condannato a morte. Rendiamo un sentito omaggio a quelli che offrirono la propria vita per la libertà del popolo spagnolo, a tutti senza eccezioni ed a coloro che giacciono nelle carceri e nei presidi."
I vecchi durrutisti non mollavano anche quando le condizioni erano tali che nessuno li avrebbe biasimati se l'avessero fatto: nel 1961 Balius e Pablo Ruiz, anch'egli esule in Messico, ripresero a pubblicare
El Amigo del Pueblo, in una fase in cui il movimento libertario spagnolo era praticamente agonizzante. Superstiti del vecchio durrutismo cercarono di riorganizzare la
Agrupación, sperando di poter iniziare nelle fabbriche spagnole un lavoro di propaganda e di organizzazione e di collegarsi al mondo studentesco, tenuto conto di una certa effervescenza antifranchista che si andava manifestando nella seconda metà degli anni '60. Gli
Amigos de Durruti, posti di fronte al consolidato regime franchista, si resero comunque conto che la lotta contro di esso - ragione del suo essere strumento della politica USA - finiva con l'inquadrarsi nella lotta antimperialista, ma questo implicava che la lotta sociale in Spagna acquisisse una dimensione internazionale, altrimenti sarebbe stata una delle solite lotte di liberazione nazionale. Ma a tali fini bisognava innanzi tutto che si sviluppasse nella penisola una massiccia lotta di classe libertaria. I durrutisti avevano in pratica scommesso sulla possibilità di essere seguiti da un'attiva minoranza rivoluzionaria che organizzasse in Spagna tale lotta. Ma la scommessa fu perduta. Ad aggravare la situazione per i durrutisti c'era il fatto che si doveva fare i conti anche con il mutamento delle condizioni socio/economiche della Spagna iniziato proprio in tale decennio. E nella Spagna dagli anni '60 il capitalismo locale cominciava la sua marcia di inserimento effettivo nel moderno capitalismo dell'occidente, progressivamente cambiando le sue vecchie connotazioni di paese semicoloniale arretrato, ed anche mentalità, abitudini ed esigenze iniziavano a mutare, di modo che - come taluno ha detto - si iniziava il passaggio dall'epica al consumismo ed alla sua orgia di apparenze e virtualità. E negli anni '70 il fallimento degli eventi prerivoluzionari che in Portogallo fecero seguito alla "rivoluzione dei garofani" tolse anche un possibile e vicino focolaio di contagio. E quando finalmente giunse la tanto attesa morte di Franco di sbocchi insurrezionali e rivoluzionari con c'era nemmeno l'ombra. Il dilemma assoluto in cui si erano mossi
Los Amigos de Durruti - rivoluzione o fascismo - era venuto meno. L'alternativa presupponeva una particolare ed estremamente difficile congiuntura sociale ed economica, una classe operaia combattiva ed organizzata, forze politiche inoperanti, incapaci di disattivare gli impeti rivoluzionari dei lavoratori. Nella Spagna contemporanea non esisteva molto spazio per la lotta di classe anarcosindacalista, e la stessa CNT si era non si era ben ricomposta contenendo in sé punti di vista assai divergenti e confronti feroci. Una CNT un po' autistica, chiusa in se stessa e per conseguenza incapace di un ruolo effettivo nella cosiddetta "Transizione". In questo triste scenario progressivamente se ne andarono Callejas, Pellicer, Lladó, Ródenas,
ecc. A dicembre del 1980 moriva anche Balius.