Il Comunismo Libertario e altri scritti

La società dell'avvenire: Il Comunismo Anarchico

(Ediciones "Amor y Voluntad", Barcelona 1933)

 

La crisi economica mondiale, sintomo della morte della società capitalista

Alle forme sociali accade lo stesso che agli esseri umani: nascono con difficoltà, trovandosi alle prese con molti ostacoli e molte insidie; crescono e si sviluppano fino a raggiungere un determinato limite e, a partire da questo limite, cominciano a declinare, invecchiano e muoiono.

Questo limite di sviluppo è determinato in tutti gli esseri viventi dall'utilizzazione degli alimenti che assimilano, come pure dalla diminuzione di questo consumo, e la vecchiaia inizia quando comincia a esserci l'incapacità di utilizzare o di distruggere gli alimenti ingeriti.

È proprio questo che sta accadendo alla società capitalista. Ha avuto il suo momento di auge e di splendore con l'industrialismo, col dominio della macchina e l'apporto della tecnica. Ha potuto arrivare a produrre tutti gli articoli in quantità enormi, a prezzi inverosimili, e prescindendo dal lavoro dell'operaio ogni volta in maggior misura. Questa crescita aveva un limite, quello che ora stiamo toccando: il fatto che si sono prodotti articoli in quantità maggiore di quello che il mercato poteva assorbire, e che sopravanzano le braccia in tale misura che i disoccupati formano veri e propri eserciti di affamati in tutte le nazioni industrialmente avanzate.

Sovrabbondano varie merci: bisogna bruciare 8 milioni di sacchi di grano, in Nordamerica, per sostenere i prezzi di mercato. Si brucia il caffè, in Brasile, nelle caldaie delle locomotive. Si chiudono fabbriche, si paralizza lo sfruttamento delle miniere. E si calcola in 30 milioni il numero di operai in forzata disoccupazione in tutto il mondo. Il capitalismo, senza essere arrivato a mettere in pratica tutto il progresso meccanico che oggi la tecnica consente, senza aver espresso tutta la razionalizzazione del lavoro, e senza che la Scienza abbia ancora dato il perfezionamento che promette di dare, il capitalismo, ripeto, si asfissia; si dichiara incapace di continuare a incrementare e rendere più a buon mercato la produzione, per continuare a consentire la vita a tutta l'umanità. Se deve continuare a vivere, deve essere come un organismo caduco, rinunciando al progresso, e condannando alla fame un esercito di milioni di creature.

Lo condannano a morte le sue patenti contraddizioni: quanto più abbondano le merci, tanta più fame esiste. Si proibiscono in tutti i paesi gli anticoncezionali per paura che si riduca la popolazione, si chiudono le frontiere, si hanno sempre più disoccupati, e si sogna una mattanza mondiale che liberi dall'eccesso di popolazione. Si rinuncia al progresso politico, alla democratizzazione dei Governi, alla liberalizzazione degli Stati, dopo aver prostituito la democrazia e la libertà, buttandosi nelle braccia della Dittatura, aumentando la tirannia dello Stato e condannando i popoli a un'avvilente schiavitù con il fascismo.

 

La coscienza di classe del proletariato, sintomo della vita della società che nasce

Ogni volta che un essere o una forma vivente comincia a disintegrarsi per morire o sparire, c'è germinazione e nascita della nuova forma o del nuovo essere che va poi a prenderne il posto in natura; niente si perde, niente si distrugge, tutto si trasforma e ne trae profitto la materia, come l'energia.

È stata la filosofia la prima a dire all'operaio: "sei un uomo spossessato di tutti i diritti, poiché già alla nascita hai trovato tutto il patrimonio della Natura ripartito; sei uno schiavo dell'organizzazione dello Stato che vigila con le sue Istituzioni affinché non ti ribelli; sei un essere sfruttato, spremuto come un limone tra le mani del capitalismo, che poi si butta quando non dà succo. Ma è la vita, sono le infelici circostanze di oggi, e l'esperienza storica che si sviluppa, a dirgli, con voce più convincente della filosofia, che non ha nulla da perdere, e che ha tutto da conquistare. Che lo Stato si è accaparrato tutto il potere sottratto agli individui e si sostiene sulla forza dei servitori salariati, rinnegati della loro classe. Mantiene nell'ignoranza, con l'oppio della religione, o con quello dell'insegnamento laico. Esercita il suo patriottismo abbruttente per lanciare il popolo nei massacri bellici. Tutto si basa sulla quiete sociale, sul candore secolare delle masse, sulla loro credulità di tonti predestinati a cadere in tutti gli inganni. È così, in questo stato di servilismo degradante che il capitalismo si impadronisce dell'individuo per arricchirsi col suo sudore e per sfruttarlo con raffinatezza.

Il movimento emancipatore del proletariato, diretto dalla filosofia, dalle concezioni ideologiche della nuova società, è nato nelle circostanze più ostili e ha dovuto resistere ai colpi più furiosi, e affrontare le deviazioni più seduttrici e gli inganni più grandi. I politici, con i loro programmi di opposizione, pieni delle più abbaglianti promesse, hanno reso sterili molteplici sforzi e sprecato il tempo in tornei parolai, e in carriere arriviste, che senza deflettere portano all'ascesa del ciarlatano, sulle candide spalle dell'elettore. A forza di disinganni, di percorrere tutti i falsi cammini, il proletariato si va orientando e approssimando verso la direzione esatta.

 

La lotta è impostata

Una società capitalista che si aggrappa a forme di Stato dittatoriale, e che giorno dopo giorno si vede sprofondare nella crisi economica, nell'incapacità di livellare l'economia. E un proletariato sempre più desto e più insorgente, che cerca di abbattere il vecchio edificio, per impiantare sulle sue rovine un regime di maggior giustizia ed equità sociale, più razionale e più umana. Lotta decisiva, tra quanto non si rassegna a morire e si difende con tutta la crudeltà della sua violenza organizzata, e quello che combatte per venire alla vita sbarazzandosi delle macerie con cui invece lo si vuole sommergere. Nella Natura ha sempre trionfato il nuovo sul vecchio; il nascente e l'inconcreto sul quello che è decrepito e di forma finita. Non c'è da essere profeta per predire il futuro.

Il diritto a sfruttare la ricchezza sociale da parte di pochi, in cambio della fame e delle privazioni dei più, non può cimentarsi con la forza. Il caos economico del Capitalismo, che rende culto reverenziale all'oro, sacrificandogli la vita e la salute dell'uomo, può continuare a costruire solo sul cesarismo dell'istituzione statale. La schiavitù moderna che si fa pesare sul proletariato può solo affermarsi nella rigidità dell'organizzazione dello Stato.

Ergendosi di fronte a tutti i redentori, dissentendo dal coro delle voci adulatrici, l'Anarchismo presenta lo Stato come la causa fondamentale dello sfruttamento dell'operaio, e come la causa fondamentale dell'infelicità umana.

 

Lo Stato

Si tratta di qualcosa di più del Governo di una nazione. Non importa il nome con cui lo si designi. Sia monarchia o repubblica, sia dittatura o democrazia, lo Stato è un'Istituzione complessa radicata nella vita di una nazione, che pone i suoi artigli su tutte le attività umane, al fine di far credere che nulla possa essere fatta senza la sua mediazione. Ha una Costituzione in cui tutti i diritti civili sono condizionati e sotto l'arbitrio di chi comanda. E così esistono vari strumenti. Alcuni Codici che si danno pena di determinare ogni genere di limitazioni dell'individuo, che castigano tutto quanto può diminuire le attribuzioni del Potere. Una magistratura incaricata di amministrare questa farsa di Giustizia. Delle carceri per rinchiudervi quanti osino agire per conto proprio, o ribellarsi contro l'ordine costituito. Una polizia, dei corpi armati, pistoleros e fucilieri assoldati che, come boia, uccidono e maltrattano quando ciò gli viene ordinato. E per ultimo un esercito che lavora per la pace preparandosi per la guerra, e che è scuola di abbrutimento per tutti i cittadini utili.

Il cittadino deve evitare di fare tutto quello che lo Stato proibisce, e deve compiere tutto quello che lo Stato comanda. In questo consiste l'ordine. Non c'è attività che non sia catalogata e inquadrata. Tutti i suoi diritti sono scritti in questa postilla "salvo nel caso in cui l'autorità lo consideri…", il che equivale non ad affermare e garantire un diritto, ma a negarlo.

L'individuo è schiavo di questa architettura. Al suo interno resta senza iniziativa, senza libertà, senza voce né ragione. Lo Stato lo ripara quando vuole rassegnarsi a patire la fame, e quando voglia sfruttare legalmente gente in stato di necessità.

Per mantenerlo nel gioco e adeguarlo alla sua tirannia, gli offre di tanto in tanto l'illusione di eleggere i propri governanti, gli arbitri di questa Istituzione. Ogni cittadino può diventare ricco, se gli va bene la lotteria. Tutti possono essere potenti se ottengono di essere eletti per il comando. In questo consiste la democrazia. Per molti anni gli scontenti e i diseredati si sono illusi di poter migliorare la propria condizione cambiando di Governo. C'è anche chi la colloca nella conquista dello Stato, non distinguendosi in questo i comunisti statalisti dai fascisti. Un suddito di Mussolini vive tanto incatenato quanto un suddito di Stalin. La dottrina è sempre la stessa: Mussolini offre la massima rigidità dello Stato per incatenare il proletariato uccidendone le ribellioni. Lenin usa la stessa dittatura contro il Capitalismo, ma anche il proletariato risulta incatenato. Quello che trionfa in entrambi i casi è lo Stato. Ad affogare, pure in entrambi i casi, è la libertà individuale.

La soluzione per il proletariato, schiavo dello Stato e sfruttato dal Capitale, è nella direzione anarchica: nella soppressione dello Stato. Solo in questa direzione può emanciparsi e liberarsi. 

Perché la malvagità dello Stato non dipende dagli individui che lo reggono, né la malvagità del denaro dagli uomini che lo posseggono. Al Potere tutti gli uomini sono ugualmente odiosi e dispotici. Nel possesso delle ricchezze tutti sono voraci e insaziabili, tutti dimenticano le sofferenze dell'affamato. Come l'alcool sono un veleno per l'uomo, a cui non conferisce alcuna virtù né alcuna eccellenza, ma in cambio gli assorbono il cervello facendogli perdere la sua semplicità e la sua dignità di uomo.

 

Ciò che unisce gli uomini è quel che hanno di comune

L'origine dell'unione familiare è la comunanza di abitazione, di cibo e di affetti. La comunanza di residenza e di interessi unisce sì i vicini di una località, e coloro che esercitano una stessa attività. La comunanza di patria unisce gli abitanti di uno stesso territorio, coloro che parlano lo stesso idioma o hanno lo stesso legame climatico.

Al contrario, quello che separa gli uomini è la proprietà privata, il tuo e il mio. Tra fratelli, il possesso di un oggetto o la divisione del patrimonio. Tra vicini, le proprietà rivali. Fra connazionali, i diversi costumi o il diverso clima. E la disunione è tanto maggiore, e l'odio tanto più vivo, quanto maggiore sia il dislivello, e più ingiusta la ripartizione di una cosa. La proprietà privata dei beni naturali o di quelli creati dall'uomo è, pertanto, una causa profonda di avversione e di guerra a morte, quando raggiunge le proporzioni di disuguaglianza irritante che oggi lamentiamo. Altrettanto accade con la divisione del Potere, accumulato in eccesso nelle mani di taluni, con la pena di quelli che sono rimasti indifesi. Altrettanto accade anche con la ripartizione del sapere, concentrato in alcuni, in coloro che hanno un titolo accademico, e con scarsità e onere di coloro che non hanno potuto ricevere nulla.

La pace sociale, la convivenza pacifica e spontanea a cui aspira l'uomo, non possono essere ottenuti se non rendendo il più possibile in comune lo sfruttamento della ricchezza, del Potere e del Sapere. Perché questo sfruttamento sia in comune, è necessario che nessuno ne sia possessore con pena o scarsità per gli altri, ma che tutti abbiano accesso alla parte di cui abbiano bisogno o che desiderino disporre.

A questo si dirige il Comunismo, che chiamiamo libertario o anarchico, per differenziarlo da quello socialista o statalista, che in Russia non ha messo in comune né il Capitale, né il Potere, né il Sapere, tre cose di cui lo Stato bolscevico ha fatto monopolio, lasciando all'operaio l'obbligo di lavorare, pagare e alimentare i parassiti.

La fraternità umana può solo basarsi sulla comunità di interessi e sul possesso in comune dei beni naturali, e sul sopportare in comune i pesi del lavoro.

 

Le aspirazioni dell'uomo

L'uomo porta in sé stesso insaziabili aneliti al benessere, alla libertà, alla Conoscenza. Si tratta degli impulsi che recano un incessante progresso, e che lo muove alle azioni più vigorose. 

Benessere che si fonda sulla possibilità di soddisfare le necessità del suo organismo, liberandosi del peso del lavoro e delle scomodità della vita.

Libertà di disporre di se stessi, nell'ambito che la Natura gli lascia libero, senza incontrare impedimenti o capricci dei propri simili.

Fame di conoscenza, di penetrare i misteri della Natura e le conquiste della Scienza. Queste tre aspirazioni sono negate al proletariato, e per quest'ordine di cose costituiscono l'incentivo alla sua emancipazione. In primo luogo il diritto a vivere, a dare corpo alle necessità più perentorie. Dopo, il diritto a disporre della propria vita, della propria iniziativa, e poter dare ordine ai propri interessi senza pressioni di nessuno. Da ultimo completare queste conquiste con il Sapere. Per tutti gli individui, l'ordine di preferenza non è lo stesso, bensì varia dagli uni agli altri, d'accordo con il carattere o il modo di essere. Da colui che in cambio del cibo sacrifica la sua libertà, stando a proprio agio in caserma o in carcere o al servizio dello Stato, a colui che innanzi tutto preferisce la libertà, rinunciando alle comodità e al benessere.

Coltivandole tutte e tre - così come il sentimento della propria dignità, che non è cosa diversa dal sovrastimarsi - è come accentuare la ribellione dell'individuo, incitarlo a insorgere contro lo Stato e contro la società capitalista che ad esso si appoggia.

 

Riassumendo

Aumentare al massimo quanto in comune deve esserci tra gli uomini, è quello che costituisce il COMUNISMO. Volerlo ridurre a una greppia, come ha fatto il bolscevismo, vuol dire rimpicciolirlo, per non dire prostituirlo. È un falso cammino quello della conquista dello Stato, perché esso rappresenta la negazione [del comunismo libertario] e perché in definitiva è lo Stato il conquistatore, quello che perverte gli uomini benintenzionati, con la seduzione del comando, che ubriaca come l'alcool. Il potere deve essere in comune perché ciascuno possa difendere con esso la sua libertà. Il COMUNISMO, per potersi chiamare tale, deve chiamarsi ANARCHICO. In questo modo lo intesero anche coloro che, impiantandolo in Russia, dissero di andare verso l'Anarchia, e giustificarono la Dittatura come provvisoria, cosa che sempre hanno avuto la cura di dire tutti i tiranni.

 

Abbozzo di una società comunista-libertaria

Essa poggia sull'individuo che vigila gelosamente sulla sua indipendenza. Ha tutti i diritti, perché nessuna Costituzione, né nessun codice glieli garantisce. Si assocerà con gli altri perché l'uomo è per sua natura un essere sociale e perché troverà vantaggi nella vita collettiva. Isolatamente nessun individuo può produrre ciò di cui ha bisogno, né bastare a se stesso. Robinson fu forzato dalle contingenze. L'uomo vuole liberarsi dal lavoro, che sempre si è fatto gravare sullo schiavo. Lo schiavo moderno deve essere la macchina. Il lavoro in comune è meno sgradevole, più sopportabile di quello isolato; lo si accetta meglio, perché nessuno lo evita; è più produttivo perché si completano le attitudini e si neutralizzano le deficienze.

L'uomo si associa liberamente, vale a dire per stimolo proprio, con quanti può farlo opportunamente; per produrre il necessario; per deliberare su problemi comuni; per svolgere attività educative o culturali; per sviluppare iniziative di qualsiasi ordine.

Quante più cose si abbiano o si sfruttino in comune, tanto maggiore sarà l'unione fra gli individui. Per il fatto di avere la stessa residenza, le stesse terre e le stesse ricchezze naturali, di condividere identiche necessità, gli esseri umani si assoceranno con l'intimità data dalla convivenza quotidiana in ogni luogo, costituendo il municipio o la Comune libera, che ha la sua espressione collettiva nell'Assemblea, nella riunione generale, in cui tutti hanno la stessa voce e le stesse prerogative, dove si espongono le opinioni e si soppesano i pareri. Si tratta di un'istituzione spontanea e radicata, comune a tutti i popoli, nonostante lo sfiguramento impostole dalla politica e dall'intromissione dello Stato. Così come dentro la Comune ogni individuo conserva la sua indipendenza e la sua autonomia per dare ordine a suo piacimento a ciò che a lui esclusivamente compete - la località si federa con altre in conformità alle sue proprie esigenze vitali e alle necessità avvertite, senza necessità di alcuna coazione che lo imponga, e conserva anche la sua autonomia e indipendenza locale, perché nessuna coazione viene a porre impegni. Così si costituiscono le province o le confederazioni locali e regionali, imposte in primo luogo da imperativi economici: per la produzione degli articoli di prima necessità e per la distribuzione degli stessi.

L'associazione locale neutralizza le disuguaglianze umane, compensando il pigro con l'attivo, il forte con il debole, e il mangione con il sobrio, rendendo possibile la generalizzazione di un tipo di benessere medio all'interno di ciascuna località. La federazione delle località sovviene con l'apporto abbondante di alcune località, alla scarsità o alla penuria di altre, generalizzando nella nazione un tipo medio di benessere, senza le disuguaglianze imposte dal terreno o dal clima.

Un altro poderoso impulso associativo è dato dall'identità del lavoro, dalla comunanza di ufficio, o di preoccupazioni professionali, il che è quello che oggi costituisce i Sindacati. Nelle città con consistente popolazione, l'associazione locale sarà formata da raggruppamenti minori di industria, di ramo o ufficio, che saranno importanti per l'assetto collettivo dell'economia.

Non è necessaria la pressione di un'autorità né la sanzione di un Codice perché gli esseri umani si associno e si intendano tra di loro, e perché lavorino in modo concertato nel benessere generale, di cui l'individuo deve partecipare vantaggiosamente. Come non è necessario un Codice internazionale perché tutte le nazioni cooperino alla salvezza della spedizione di Nobile, perduta al Polo Nord, né è necessario che una legge lo imponga perché un essere si butti in acqua mettendo a rischio la sua vita per salvare un altro essere che nemmeno conosce.

La società umana è possibile perché l'uomo è un animale sociale. Lo Stato non è altro che una verruca sovrapposta che può essere amputata senza che si abbia nessun cataclisma, producendo un sollievo inimmaginabile per la società che la sopporta. Se l'uomo è accessibile alla persuasione, non c'è ragione di imporgli la violenza:la violenza solo è necessaria quando la ragione non conta più, e quando, come ora, si impone che taluni si acconcino a lavorare perché altri sfruttino, e alcuni rinuncino a tutto perché altri non manchino di nulla.

Le leggi - lo riconoscono perfino quelli che se ne avvantaggiano - non creano i costumi. Al contrario sono i costumi che per il loro riconoscimento tacito acquistano forza di leggi. Succede questo per quanto riguarda la salute dell'uomo. Oggi, di fronte a un esemplare di contadino che vive sano fino a ottanta anni, senza avere la necessità del medico, nessuno pretenderà che la Medicina sia la garanzia della salute, ma se con il passare degli anni, e a giudicare da come stanno andando le cose, la Sanità sia intervenuta in tutte le nostre azioni, si giungerà a dire che gli uomini vivono sani grazie alle sollecite cure dei medici.

Una società spontaneamente formatasi, a partire dall'individuo libero e disposto a difendere con ogni mezzo la sua indipendenza da qualsiasi agguato autoritario, ma disposto anche - e in questo non c'è contraddizione - a posporla a fronte della convenienza collettiva. Non c'è contraddizione, come non ce n'è fra gli istinti più radicati nell'uomo, fra l'egoismo - che è l'istinto di conservazione - e l'altruismo - che è l'istinto di conservazione della specie. È proprio l'egoismo che ci fa essere socievoli, quando si vede protetto dalla collettività, e l'altruismo è quello che ora ci fa insorgere contro la società capitalista.

Eccedere nel senso di dire come sarà la nuova società sarebbe come ostentare un'immaginazione romanzesca che non posseggo, o tracciare una direzione alla libera organizzazione della vita, cosa che non posso pretendere come anarchico, rispettoso della spontaneità e della libera iniziativa. Come si dice del bambino, da parte di pedagoghi rispettosi della sua personalità, la società anarchica sarà quello che deve essere se ci premuriamo di evitare che fallisca.

La Spagna, che sembra essere la nazione più preparata per cominciare a vivere il Comunismo Libertario, si dispone a predicare con l'esempio.


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